Il 1 gennaio 1928 Guglielmo Marconi fu nominato presidente del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, organismo istituito quattro anni prima dal
fascismo, appena insediato al governo, per raccogliere e sostenere
le frammentate forze della ricerca scientifica italiana. L’istituto,
creato nel 1923, rispondeva alle istanze maturate negli ambienti imprenditoriali
e degli scienziati italiani negli anni travagliati del primo conflitto
mondiale. La crisi bellica aveva messo a nudo le carenze del
nostro sistema produttivo: processi di lavorazione arretrati, scarsa
attenzione all’innovazione tecnologica in settori essenziali come
la meccanica e la siderurgia, assenza di altri settori altrettanto
vitali come la chimica, dipendenza dall’estero - soprattutto dalla
Germania - per le materie prime. Convinzione diffusa era dunque che
per promuovere lo sviluppo economico e produttivo del paese, proprio
come nell’esempio tedesco, occorresse istituire un vitale interscambio
fra gli istituti di ricerca - cioè l’Università, dove per tradizione
si privilegiava la ricerca teorica - e il mondo del lavoro, interessato
alle applicazioni pratiche della scienza, per la crescita di un sistema
industriale dai caratteri nazionali.
Celebratissimo inventore ed industriale, Guglielmo Marconi era l’uomo
ideale a rappresentare il nuovo impegno delle risorse scientifiche
italiane per lo sviluppo del paese. Dopo gli esperimenti realizzati
in Italia nel 1895 sulle onde elettromagnetiche e la registrazione
del suo brevetto per la telegrafia senza fili nel 1896 a Londra era
divenuto famoso in tutto il mondo, incarnando il genio inventivo e
imprenditoriale italiano esaltato dal regime. Egli era riuscito nel
corso dei primi decenni del Novecento ad affermare lo sviluppo della
radiotelegrafia e della telefonia ovunque, controllando - attraverso
le numerose società da lui costituite, tutte facenti capo alla Marconi
Wireless Telegraph Company – la costruzione fra l’Europa, l’America
e l’Australia delle attrezzature e dei servizi per le comunicazioni.
La fama che circondava Guglielmo Marconi in Italia e nel mondo - nel
1909, a soli 35 anni, gli era stato conferito il premio Nobel
per la fisica; ricevette 15 lauree ad honorem dalle più importanti
università del mondo, nel 1933-34 fece un viaggio trionfale
intorno al mondo, il 2 ottobre 1933 venne celebrato a Chicago il “Marconi
day” – ne facevano dunque l’uomo ideale a rappresentare istituzionalmente
e a “guidare” la cultura scientifica nazionale nella realizzazione
dei programmi di sviluppo tecnologico e industriale di un paese -
l’Italia fra le due guerre - ancora fortemente rurale ed economicamente
arretrato.
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L’invenzione dell’americano Morse, il telegrafo
elettrico, aveva aperto alla metà dell’Ottocento l’era
delle comunicazioni a distanza. Una delle grandi sfide del secolo,
il collegamento dei diversi paesi con i cavi elettrici sottomarini,
era stata vinta quando nel 1851 furono collegate Francia e Inghilterra
e nel 1866 Europa e America. Guglielmo Marconi pensò di poter
realizzare un nuovo apparecchio, in grado di trasmettere messaggi
non più attraverso i cavi, ma via etere,
attraverso le onde elettromagnetiche.
Marconi nacque a Bologna il 25 Aprile 1874, da un ricco agricoltore,
Giuseppe Marconi, e da Annie Jameson, irlandese. Poco interessato
agli studi, non riuscì neanche a completare la scuola tecnica,
dimostrò subito un grande talento per la fisica studiando a casa sotto
la guida del Prof. Vincenzo Rosa di Livorno. Nel 1894 all’Università
di Bologna frequentò, da non iscritto, le lezioni
del fisico Augusto Righi, autore di
importanti ricerche sulle oscillazioni elettromagnetiche. Il suo interesse
fu presto attratto dalle possibili applicazioni pratiche delle onde
elettromagnetiche e pensò di usarle per la comunicazione. Questa fu
la grande intuizione di Marconi. Sulla base degli studi del
matematico Clerk Maxwell e degli esperimenti di
Heinrich Hertz, che fin dal 1887 aveva
realizzato un oscillatore (con il quale aveva prodotto onde di 66
cm.) e un risonatore (per la ricezione), Marconi realizzò un sistema
pratico ed intelligente di comunicazione a distanza senza l’impiego
di fili o cavi elettrici. Utilizzando il coherer
(coesore) di Branly, consistente in un tubo contenente limatura di
oro e zinco, che per effetto della corrente aderiscono tra loro, ripeté
l’esperimento di Hertz con un circuito che alimentava un campanello.
Collocò il coherer in modo che interrompesse il passaggio di corrente.
Se l’esperimento fosse riuscito, le onde elettromagnetiche generate
dalla scintilla avrebbero raggiunto le particelle di zinco e oro facendole
aderire; in questo modo avrebbero chiuso il circuito permettendo il
passaggio di corrente e facendo suonare il campanello. E fu proprio
così. Nell'estate del 1895, a venti anni, il giovane genio cominciò
i primi esperimenti amatoriali nella soffitta di "Villa Griffone",
la villa di campagna di suo padre nel Comune di Praduro e Sasso, oggi
Sasso Marconi. Nei primi esperimenti si limitò ad inviare segnali
a distanza di pochi metri. Con modifiche successive
aumentò progressivamente la distanza di comunicazione. Successivamente
introdusse due innovazioni sostanziali: l'antenna
verticale e la messa a terra in un punto del circuito. Utilizzando
una lastra metallica come antenna, per aumentare la "capacità"
della sua apparecchiatura, la lunghezza delle onde radio venne portata
dall’originale (40-80 cm.) alla banda delle alte frequenze (circa
50 m.). Egli aveva inventato, in questo modo, il sistema antenna-terra.
Collegando l’antenna a terra aveva modificato completamente il sistema
di radiazione di onde elettromagnetiche usato da Hertz e Righi: questi
ottenevano un campo magnetico simmetrico mentre Marconi creava una
disimmetria che è il segreto della propagazione delle onde a grande
distanza.
Dalla finestra del granaio dove era posto il trasmettitore fino alla
collinetta in fondo al giardino ove si trovava il ricevitore, i tre
punti della lettera S viaggiavano nello spazio arrivando a destinazione,
ed il signor Mignani, colono di suo padre, sventolava un fazzoletto,
indicando l'avvenuta ricezione. Marconi però voleva superare gli ostacoli
del terreno e trasmettere tra due punti tra loro non visibili. Portò
il ricevitore al di là della collina, dove il Mignani con il suo fucile
attese che il campanello del ricevitore suonasse per tre volte. Dal
suo granaio Marconi premette per tre volte sul tasto del trasmettitore
e gli rispose lontano un colpo di fucile: la trasmissione aveva
superato l’ostacolo di una collina: questo esperimento storico celebra
la "nascita della radio". L’era
della comunicazione senza fili era cominciata e si sarebbe sviluppata
rapidamente. Da una parte con l'utilizzo legato alla sicurezza dei
trasporti via mare e in aereo, che garantì spesso il salvataggio di
molte persone in casi di emergenza che prima nessuno poteva nemmeno
segnalare. Dall’altra con la diffusione della radio come strumento
principale e universale di comunicazione, di diffusione di idee e
cultura, di intrattenimento.
Quell'esperimento avrebbe dato inizio a studi e ricerche sulle possibili
applicazioni delle onde elettromagnetiche, che oggi
vediamo tradotte in pratica: si chiamano apparecchi
radio, radiofonia, radar, telefono
radio mobile, radioaiuti alla navigazione, televisione, satelliti
di telecomunicazioni, marconiterapia, applicazioni industriali delle
radiofrequenze (ad esempio forni a microonde), radioastronomia, tele
rilevamento.
Marconi offrì la sua invenzione al Ministero delle Poste e Telegrafi
di Roma ma fu cortesemente rifiutata. Il 12 Febbraio 1896 partì
con sua madre, che aveva subito compreso l’importanza della scoperta,
per Londra, dove sarebbe stato più facile trovare i capitali necessari
per lo sviluppo dell’invenzione e per proteggerla con regolari brevetti.
Nella capitale inglese, William Prece, ingegnere Capo del Post Office,
offrì al giovane italiano pieno sostegno, mettendo laboratori
ed ingegneri a sua disposizione. Il giovane inventore brevettò
la sua invenzione e con una dimostrazione pratica per le poste locali
ottenne grande successo. La domanda di brevetto del 2 giugno 1896
lo mise al riparo dalle numerose polemiche nate in seguito sul primato
nella telegrafia senza fili: è un fatto che nessuna domanda di brevetto
è precedente a quella data e che molti brevetti furono chiesti poco
dopo in molti paesi, come è un fatto che, nonostante Marconi fosse
partito dalle esperienze di Hertz, Righi e altri, nessuno di questi
scienziati aveva mai pensato all’applicazione dei fenomeni ottenuti
in laboratorio alla telegrafia, nessuno prima di lui aveva pensato
ad usare le onde elettromagnetiche per trasmettere la voce umana,
nessuno aveva avuto l’audacia di credere alla possibilità di superare
la rotondità della terra e gli ostacoli naturali. Anzi, tutti gli
scienziati dell’epoca affermavano il contrario. Dopo un anno di osservazioni,
il 7 luglio 1897, l’Ufficio Patenti di Londra riconosceva ufficialmente
Marconi inventore della telegrafia senza fili.
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Cominciò un periodo di dimostrazioni pubbliche; Marconi era seguìto
nei suoi esperimenti da folle di gente curiosa e da ammiratori, teneva
conferenze, parlava con scienziati, statisti e giornalisti.
Venne ricevuto da ministri e più tardi da re. Nel 1897 la portata
della radio era di 19 km.: Marconi riuscì ad effettuare un collegamento
attraverso il canale di Bristol, e due anni più tardi, oltre la Manica.
Nel giugno dello stesso anno, tornato in Italia su invito del governo,
impiantò a La Spezia una stazione radiotelegrafica terrestre capace
di comunicare con le navi in mare aperto. In questo periodo riuscì
a migliorare notevolmente le apparecchiature di trasmissione e di
ricezione. Fondò anche la sua prima compagnia, la “Marconi’s Wireless
Telegraph Co. Ltd.”, nel luglio del 1897, con lo scopo di sviluppare
e sfruttare commercialmente la sua invenzione.
Il 3 Giugno 1898 l’inventore italiano aprì il primo servizio pubblico
commerciale di radiotelegrafia e, nello stesso anno, la
prima fabbrica di apparecchi radio del mondo a Chelmsford, Essex. Il
26 agosto per la prima volta fu chiesto soccorso per mezzo della telegrafia
senza fili da parte di un battello faro; il 3 marzo venne effettuato
il primo salvataggio di naufraghi del piroscafo Mathens mediante la
radiotelegrafia. Il 26 aprile Marconi ottenne lo storico brevetto
inglese n.7777 sui primi apparecchi sintonici. Di lì a poco dimostrò
praticamente la possibilità di superare la curvatura della terra,
realizzando la prima trasmissione attraverso l'Oceano Atlantico: a
Poldhu, in Cornovaglia, nel 1901 costruì una grande stazione di 25
kW. L’antenna era sostenuta da torri alte 69 m.: il 12 Dicembre 1901
i tre punti Morse della famosa "S", da Poldhu (Gran Bretagna)
giunsero, attraverso l'Atlantico, a St. John,
in Canada (doc.1).
L’atteggiamento degli ambienti di governo italiano, nei confronti
dello scienziato di successo, i cui brevetti, dopo il riuscito esperimento
del dicembre 1901 acquistavano nuovo valore, era ora molto diverso
da quello del 1895. L’invenzione di Marconi avrebbe avuto larga applicazione
anche in Italia, con l’impianto di diverse stazioni radiotelegrafiche,
come quella installata sulla collina di Monte Mario, a Roma,
che Marconi visitò l’8 maggio quando raggiunse la capitale per i festeggiamenti
in suo onore, durante i quali gli fu conferita la cittadinanza onoraria romana (doc.6).
Le onoranze pubbliche tributategli a Roma il 7 maggio 1903, quando
il sindaco e la giunta comunale vollero conferirgli la cittadinanza
onoraria - la proposta del sindaco Prospero Colonna era stata accolta
a pieni voti dal Consiglio Comunale nella
seduta del 6 marzo (doc.2)
- fu uno degli eventi di maggiore impatto mediatico dell’epoca, a
testimonianza del credito che il giovane inventore si era guadagnato
negli ambienti politici e ufficiali dell’Italia giolittiana. Il conferimento
della “cittadinanza onoraria”, moderna continuazione del medievale
tributo dell’alloro capitolino, riservato a poeti e personalità
di rilievo, era una delle tradizioni cui aveva dato nuovo lustro
l’amministrazione municipale della Roma postunitaria: la capitale
si sarebbe fatta interprete dei sentimenti di orgoglio nazionale suscitato
dal genio italiano. Durante la cerimonia, che si svolse in forma solenne
nell’aula massima capitolina del palazzo Senatorio il 7 maggio (doc.3),
il Sindaco ricordava che: “la rappresentanza di Roma decretò
unanime a Guglielmo Marconi la cittadinanza romana, luminosa testimonianza
dell’orgoglio e del plauso della patria per questo suo nobile figlio,
tributo di ammirazione e di riconoscenza per chi volle, sopra ogni
altra cosa, tenere alto il prestigio e l’onore d’Italia”. Ai
festeggiamenti che si svolsero nella mattina (doc.4),
con il dono a Marconi di un’artistica pergamena, ornata di figure
allegoriche rappresentanti il trionfo del “genio perseverante
che ha dato alle onde eteree attraverso gli oceani la parola”
(doc.5), seguì nel
pomeriggio nella stessa sala l’affollata conferenza in cui Marconi
espose all’attento uditorio, alla presenza dei sovrani, le sue teorie
scientifiche e le loro prospettive di uso pratico. Nell’Italia di
inizio secolo, degli emigranti e delle traversate dell’Atlantico per
trovare pane e dignità di esistenza alle classi povere, la figura
di Marconi era destinata a divenire un emblema popolare. Poiché, come
si espresse il sindaco in Campidoglio: “I cuori semplici e le più
umili menti questo intuiscono, e per le profonde masse del popolo,
aperte ai sensi generosi e alla spontanea, commovente ammirazione,
accanto al poderoso genio del quale s’indovina l’ampio volo, sorge
la figura energica e pensosa e dolcemente modesta di chi ha promesso
alla patria che attraverso lo spazio infinito, i figli lontani sentiranno
frementi il pensiero, le aspirazioni e l’effluvio del suolo natio”.
Dopo l’ovazione romana, e la visita di Marconi alla stazione radio-telegrafica
di Monte Mario, costruita nella zona militare del Ministero
della Marina, che collegava Roma con la Sardegna (doc.7)
le sperimentazioni proseguivano, a bordo delle navi. La “Marconi
Company” dirigeva le stazioni costiere equipaggiate col sistema Marconi:
nel 1905 c’erano 110 navi da guerra e 70 navi commerciali con 50 stazioni
costiere, dal 1914 le navi erano più di 1500.
In base alla scoperta, nel febbraio 1902 che con onde di circa 1000
m., la portata di trasmissione è durante la notte molto maggiore che
durante il giorno, Marconi aveva prospettato al ministro della Marina
a Roma un accordo per l’uso gratuito dei suoi brevetti e la libera
riproduzione dei suoi apparecchi negli arsenali dello stato “nell’interesse
delle radio-comunicazioni militari italiane”, che poneva di fatto
la sua impresa industriale in condizioni di monopolio. Nella storia
della scienza Marconi va ricordato forse soprattutto per questa sua
capacità imprenditoriale: contemporaneamente industriale e inventore,
fu probabilmente il solo tra gli inventori che dopo aver realizzato
la sua invenzione è sempre rimasto, per quaranta anni, a capo del
suo sviluppo e ne ha diretto personalmente le maggiori applicazioni.
Mentre in sede internazionale la Francia e la Germania, così come
gli Stati Uniti, si opponevano al monopolio delle compagnie del gruppo
Marconi sulle radiocomunicazioni nell’Atalantico, in Italia, grazie
alla convenzione stipulata con il governo italiano nel 1904, l’inventore
bolognese aveva ottenuto – come si è detto - il monopolio della telegrafia
nazionale. La Compagnia Marconi forniva gratuitamente gli apparecchi
per uso militare allo Stato italiano che si impegnava ad usare, anche
per i servizi commerciali, solo apparecchi della stessa compagnia
e a comunicare solo con stazioni mobili su navi o stazioni di terra
estere, munite di apparecchi della Marconi Company. Tentativi di contrastare
il monopolio furono compiuti da alcuni concorrenti come l’ingegnere
Roberto Galletti di Cadilhac (doc.8)
che per i francesi aveva realizzato prima della guerra l’impianto
della stazione di Leschaux in Savoia. Le loro argomentazioni erano
sostenute anche da eminenti personalità
del mondo politico italiano e da scienziati
di fama, quali Augusto Righi (doc.9-10)
e Quirino Majorana (doc.11).
Ciò nonostante, Marconi ottenne la proroga della convenzione nel 1917.
Nel primo dopoguerra il nuovo capitolo della storia delle applicazioni
tecniche delle ricerche di Marconi e del loro sfruttamento commerciale,
che legò l’attività industriale di Guglielmo Marconi anche al nuovo
regime politico, fu la radiofonia.
Nel 1916 Marconi decise di riprendere gli studi sulle onde corte e
dimostrò di poter usare questo tipo di onde anche per trasmissioni
a lunga distanza. Cominciava l’era delle stazioni di radiodiffusione.
Superata la fase delle trasmissioni pionieristiche, la radio conobbe
immediatamente un rapido sviluppo soprattutto negli Stati Uniti e
nei paesi del nord Europa. Agli inizi parve adatta solo per usi commerciali,
militari o civili.
Il primo a pensare ad essa come a un mezzo di divertimento e informazione
fu un giovane impiegato della American Marconi Company, David Sarnoff,
che nel 1912 aveva ricevuto la richiesta d’aiuto del Titanic e aveva
diretto le operazioni di soccorso. Nel 1916 scrisse un memorandum
ai suoi superiori in cui spiegava la sua idea di costruire una
semplice “Scatola Radio – musicale” per uso domestico, da cui
ascoltare musica, dibattiti, e perfino cronache di partite di baseball!
Non venne preso sul serio e bisogna attendere ancora qualche anno
per vedere la nascita della prima stazione radio con trasmissioni
dedicate al "pubblico". Nel 1919 un ingegnere della
Westinghouse, Frank Conrad, iniziò una serie di trasmissioni dal suo
garage di Pittsburg, quindi iniziò a vendere alcuni rudimentali ricevitori
e in poco tempo vendette tutte le apparecchiature: il vicepresidente
della Westinghouse pensò immediatamente di produrre radio ricevitori
per usi casalinghi, affidando a Conrad e al suo assistente Donald
Little una stazione radio realizzata all'interno degli stabilimenti
della Westinghouse, in modo da poter iniziare regolari trasmissioni.
Era nata la prima emittente radiofonica (KDKA).
In Italia, mentre in America si era scatenata la corsa alla radiodiffusione,
si discuteva ancora sull'opportunità di varare la radiodiffusione
a uso civile poiché questa era considerata uno strumento di uso esclusivamente
militare. Solo nel 1924 si completò la prima stazione trasmittente
da parte dell'URI (Unione Radiofonica Italiana), un'altra società
costruita da Marconi, dopo la "Radiofono". Più tardi
fu costituita la famosa EIAR, che assorbì l'URI. Il regime fascista
diede finalmente sviluppo al settore radiofonico, comprendendo
quale formidabile strumento di diffusione per i propri slogan ideologici
rappresentassero le trasmissioni “di stato”. Anche se la radio
in Italia rimase un bene costoso, alla portata di pochi: agli
inizi degli anni '30 un apparecchio costava - quando il reddito
annuo medio era ancora al di sotto delle 3.000 lire - attorno alle
2.000 lire e solo nel 1937 si incominciarono a produrre apparecchi
di ottima qualità al di sotto delle 1.000 lire, cosa che comportò
un aumento del numero degli utenti radiofonici. Durante la seconda
guerra mondiale la radio avrebbe assunto un ancor più rilevante potenziale
propagandistico, sia ad uso interno che internazionale: a tale scopo
fu creata "Radio Urbe" (al termine delle ostilità l'EIAR
prese il nome attuale di R.A.I. “Radio audizioni Italiane”).
I regolari servizi radio che ormai si svolgevano in tutto il mondo
cominciavano a congestionare l'etere; Marconi aprì allora nuovi orizzonti
alla radio, perfezionando gli apparecchi funzionanti su lunghezze
d'onda inferiori al metro. Dopo il 1930 intraprese studi sulle microonde,
occupandosi anche di televisione e dell’applicazione terapeutica delle
radioonde (Marconiterapia).
Già dal 1922 aveva ipotizzato la possibilità di individuare la presenza
di navi in mezzo alla nebbia grazie alla rilevazione dell’eco delle
onde lanciate verso di esse. Il 26 luglio del 1934 realizzò il collegamento
radiotelegrafico tra l'Elettra ed il radiofaro di Sestri Levante in
onde di 63 cm., dimostrando come fosse possibile per una nave trovare
con sicurezza ed alla cieca l'entrata di un porto. Nel marzo del 1935
compì sulla Via Aurelia esperimenti di avvistamento a distanza, anticipando
i risultati raggiunti solo successivamente dal radar.
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Guglielmo Marconi era un autodidatta, il suo esperimento era stato
condotto tra lo scetticismo della scienza ufficiale e i tentativi
di bloccarlo da parte delle compagnie telegrafiche, che temevano di
perdere il controllo del mercato delle comunicazioni via filo. Invece
la sua intuizione era esatta: le onde elettromagnetiche avrebbero
permesso comunicazioni globali da qualunque parte della terra. Malgrado
l’incredulità di molti, scienziati del calibro di Graham Bell
ed Edison avevano accolto con entusiasmo l’invenzione di Marconi e
si erano messi a sua disposizione per i successivi esperimenti, intuendo
che si era all’inizio di una nuova era delle comunicazioni. La gente
comune lo amava e lo osannava. Soprattutto colpiva la maggiore sicurezza
offerta ai viaggi marittimi dal nuovo sistema di comunicazione. Nel
1909, per esempio, erano stati salvati 1700 naufraghi quando un transatlantico
aveva urtato una nave: il telegrafista aveva chiesto aiuto via radio
e subito erano arrivati i soccorsi. Nel 1912, un altro drammatico
naufragio aveva nuovamente richiamato l’attenzione sul grande servizio
reso dalla radio e sul controllo che la Compagnia Marconi era
riuscita a stabilire sui mari: l’enorme transatlantico Titanic aveva
urtato durante la notte contro un iceberg e nel giro di pochi minuti
iniziava già ad affondare. Il telegrafo senza fili trasmise l’SOS
grazie al quale molti dei passeggeri furono salvati.
Questo era dunque l’uomo nominato nel 1928 presidente del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, titolo al quale si aggiunse nel 1930 quello
di presidente della Reale Acccademia d’Italia, cariche che Marconi
conserverà fino alla morte, avvenuta a Roma il 20 luglio 1937 (doc.
12).
La prima guerra mondiale mostrando il potere della scienza, ne aveva
cancellato l’ideale distacco dal mondo pratico. Era necessario un
profondo rinnovamento: occorrevano grandi laboratori dove concentrare
le forze fino a quel momento frammentate, occorreva un coordinamento
per lo sviluppo della ricerca scientifica italiana. L’idea di un Consiglio
nazionale delle ricerche iniziò a circolare dal 1919, ma i gravi problemi
economici e politici del dopoguerra non ne permisero la realizzazione.
Il fascismo fece leva su questo nascente “nazionalismo tecnico-scientifico”
enfatizzandolo, negli anni della costruzione del “consenso”, nella
proiezione ideologica del “primato scientifico” italiano. Il Consiglio
delle ricerche fu istituito nel 1923 (R. Decreto n. 2895 datato 18
novembre), quale organismo capace di raccogliere le forze, coordinare
la ricerca, concentrare le risorse e orientare gli studi verso le
applicazioni pratiche, ma ci volle ancora qualche anno prima di vederlo
realmente in funzione [1]. Comunque, nonostante
difficoltà e lentezze, nasceva, per la prima volta in Italia, un istituto
autonomo, centralizzato, indipendente dall’Università. In questo primo
periodo ebbe sede in alcuni locali concessi dall’Accademia dei Lincei.
Successivamente furono emanati vari provvedimenti di carattere legislativo
o regolamentare per disciplinare il suo ordinamento e funzionamento;
nel 1927 fu dichiarato “organo permanente consultivo e d’informazione
del Ministero delle pubblica istruzione, per quanto concerne lo sviluppo
ed i progressi dell’attività scientifica all’interno ed all’estero”.
Nello stesso anno il “Consiglio Nazionale delle Ricerche” lasciava
i locali dell’Accademia dei Lincei per occupare alcune stanze avute
dal Ministero della pubblica istruzione.
Nominato Marconi al vertice del riformato C.N.R., al posto di Vito
Volterra – il più eminente fisico italiano di quel periodo sceglierà
l’esilio in Francia quando ai professori universitari sarà imposto
il giuramento di fedeltà al regime – questi rappresentava efficacemente,
come abbiamo detto, i programmi del regime per la ricerca scientifica
italiana. Essi furono ribaditi nel messaggio rivolto dal duce al neo
presidente del C.N.R. il 1° gennaio 1928, messaggio riportato con
enfasi nella prima pagina dell’edizione di capodanno di tutti i giornali
italiani.
In realtà per gran parte del ventennio, nonostante la riforma organizzativa,
le propagandate enunciazioni di programma e gli ideologici appelli
al ruolo della scienza applicata allo sviluppo dell’economia “autarchica”
e della società “corporativa”, il C.N.R. stenterà ad assumere
struttura operativa e funzioni. Anche la spinta proveniente dall’industria,
soprattutto dai settori dell’imprenditoria che maggiormente poggiavano
le proprie fortune sul sostegno alla ricerca: gli industriali elettrici
– rappresentati dallo stesso Marconi – e della chimica, non
avrebbe prodotto risultati di rilievo.
Marconi, nel discorso pronunciato un anno dopo la sua nomina - il
2 febbraio 1929 in Campidoglio, in occasione della cerimonia d’insediamento
del C.N.R. - aveva mostrato piena adesione agli intenti “dirigisti”
dello stato fascista rispetto alla ricerca scientifica, condividendo
i programmi del regime per una ricerca applicativa, orientata e utile
soprattutto allo sviluppo dell’industria
e dall’economia “nazionali” (doc.13).
Ascoltiamo dalle stesse parole di Marconi quali fossero gli aspetti
principali dell’organizzazione e del funzionamento del C.N.R.,
preconizzati da chi era alla guida dell’organismo
[2]. “Compito del Consiglio è dunque il coordinamento
della scienza e della tecnica ai bisogni nazionali; la soluzione tempestiva
ed appropriata di numerosi problemi che interessano la difesa del
Paese, non meno che la sua economia. Il Consiglio è anzitutto un organo
permanente di consulenza, a cui ricorre il Governo per assicurarsi
notizie certe ed aggiornate su questo o quell’argomento, e provocare
quando occorra un giudizio obbiettivo e disinteressato”. Altro
compito fondamentale è quello di accostare “la scienza alla vita,
promuovendo lo sviluppo delle applicazioni scientifiche nella industria,
e sottraendo via via nuovi settori della produzione ai pericoli di
un tradizionale empirismo”. Di qui la necessità di istituire in
Italia una serie di istituti e laboratori di carattere nazionale dove
lo scopo didattico non soverchiasse le esigenze della ricerca.
Si trattava del R. Istituto Nazionale di Ottica, a Firenze, di grande
importanza per l’efficienza bellica della nazione; dell’Istituto Elettrotecnico
Nazionale Galileo Ferraris, a Torino, per il settore elettrico, che
si intreccia con i grandi temi della vita quotidiana: luce, telefono,
radio; del Centro radio-elettrico sperimentale di Torrechiaruccia
(Civitavecchia), a cui Marconi si interessò “particolarmente da vicino”,
per gli esperimenti sulle radioonde. A questi più importanti istituti
vanno aggiunti quelli di Chimica, di Fisica e di Biologia, ancora
in fase di costituzione, all’epoca in cui scriveva Marconi, o addirittura
ancora allo studio, come gli istituti di Ingegneri. Per favorire la
formazione di ricercatori, “il Consiglio ha provveduto ogni anno
ad assegnare il maggior numero possibile di borse di studio ... E’
questo a mio parere –scrive ancora Marconi – un orientamento
assai efficace, che merita di essere sviluppato ed incoraggiato”.
Fu poi costituita anche una “Commissione Centrale per l’esame
delle Invenzioni”, per garantire l’esame delle invenzioni presentate
e l’eventuale assistenza, scientifica ma anche economica, agli
inventori italiani meritevoli.
Per i grandi progetti di Marconi, era certamente inadeguata la sistemazione
logistica del Consiglio, i cui istituti erano sparsi in diversi locali.
Sembrò presto inammissibile che un organo con compiti di coordinamento
non avesse una sede propria e con una legge speciale (3 aprile 1933,
n. 377) furono stanziati i finanziamenti per la costruzione del palazzo
a Roma, cui fu destinata l’area alla fine di viale del Policlinico,
fra la Città Universitaria e gli edifici del Ministero dell’Aeronautica.
Finalmente il C.N.R. era dotato di un’adeguate struttura per funzionare,
ma ormai si era alla vigilia del secondo conflitto mondiale.
Guglielmo Marconi non visse abbastanza per vederla compiuta. L’edificio
fu inaugurato il 20 novembre 1937 (doc.
14), a quattro mesi dalla sua scomparsa. In quell’occasioine
il capo del fascismo nominò in sostituzione del grande inventore,
nuovo presidente del C.N.R. Pietro Badoglio, il generale che l’anno
precedente aveva conquistato l’”Impero d’Etiopia”. Dopo l’applicazione
all’Italia fascista delle “sanzioni” internazionali per l’aggressione
all’Etiopia, si esaltava ora, oltre al ruolo della scienza italiana
a sostegno dell’economia “autarchica”, soprattutto quello per lo sviluppo
dell’industria militare nazionale, nell’imminenza
del nuovo conflitto mondiale in cui il regime avrebbe trascinato il
paese, a fianco della Germania nazista (doc.15).
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R. MAIOCCHI, Il ruolo delle scienze nello sviluppo industriale
italiano, in G Micheli (a cura di) Storia d’Italia. Annali
3. Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento
a oggi, Torino, 1980
G. MAIOLI, I giorni della radio, Bologna, 1994
G. MARCONI, Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, in Dal
Regno all’Impero: 17 marzo 1861-9 maggio 1936, Venezia, 1937
G. MASINI, Guglielmo Marconi, Torino, 1975
A. MORELLI, Il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Estratto dall’Annuario
del C.N.R. 1950, Roma, 1950
G. PANCALDI A. GUAGNINI (a cura di), Cento anni di Radio. Le radici
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G. PAOLONI F. MONTELEONE M. G. IANNIELLO (a cura di), Cent'anni
di radio, Venezia, 1995
S. PARKER, Guglielmo Marconi e la radio, Bologna, 1994
R. SIMILI, “La presidenza Marconi”, in R. SIMILI G. PAOLONI
(a cura di), Per una storia del Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Vol. I, Roma-Bari, 2001
L. SOLARI, Marconi, Milano 1940
L. SOLARI, Marconi: la radio in pace e in guerra, Milano 1949
L. SOLARI, Sui mari e sui continenti con le onde elettriche,
Milano 1942
TABARRONI DE BENEDETTI MASINI, Marconi cento anni dalla nascita,
Torino 1974
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doc. 1
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ASC,
Emeroteca Romana: PER. 933/22
“Guglielmo
Marconi riceve il radio-telegramma dalla Cornovaglia: “Ho
vinto!”. Da: “L’Illustrazione Italiana”, 4 gennaio 1903. Disegno
di G. Amato.
Il
20 dicembre 1902 Guglielmo Marconi ha inaugurato il servizio
radiotelegrafico Europa – America. Il popolare settimanale
illustrato italiano, apre il primo numero del 1903, con una
copertina che rievoca il giorno storico dell’inizio della
nuova era della radiotelegrafia senza fili: il 12 dicembre
1901 quando l’inventore italiano riuscì a trasmettere il primo
segnale transcontinentale. “E’ un trionfo per l’Italia
– commenta l’articolo in prima pagina – è anche un
trionfo per l’umanità; poiché si tratta di una delle più grandi
vittorie dello spirito dell’uomo sulla materia. Gli spazi
sono vinti dunque anche col telegrafo senza fili...“
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doc. 2 |
ASC,
Archivio Generale – Titolo 6 “Titoli e onorificienze”, b.59
Verbale
della seduta del Consiglio Comunale del 6 marzo 1903, con la
votazione della cittadinanza romana a Guglielmo Marconi.
La
proposta presentata dal sindaco, principe Prospero Colonna,
e dalla Giunta al Consiglio Comunale per conferire l’alta onorificenza
allo scienziato italiano, viene approvata per acclamazione.
Durante la discussione uno dei consiglieri, Carlo Gamond, funzionario
dell’Amministrazione dei Telegrafi dello Stato, esalta l’opera
di Marconi, affermando che mai dimentico della “sua
italianità ... cedette i privilegi della sua scoperta alla Marina
italiana” concludendo “con il Governo una convenzione
per la quale sarà in Roma istituita una stazione radiotelegrafica,
la più importante del mondo".
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doc. 3 |
ASC,
Archivio Generale – Titolo 6 “Titoli e onorificienze”, b.59
Verbale
della seduta del Consiglio Comunale del 7 maggio 1903, con
la votazione della cittadinanza romana a Guglielmo Marconi.
La
seduta pubblica si tiene alla presenza del giovane scienziato
e di sua madre. Forte intonazione nazionalistica ha il discorso
del sindaco, in cui si colgono gli accenti della nascente
retorica della romanità, poi tanto enfatizzata dal fascismo.
“Non lungi da questa Roma – esclama il principe Colonna
- che medita il sogno della conquista universale per la forza
delle sue armi e delle sue leggi e ne tramandò ai posteri
il pensiero con monumenti insigni, sorgerà fra non poco, monumento
nuovo di ardimento e di fede, una stazione radiotelegrafica
ultrapotente che trasmetterà liberamente al di là dei continenti
e degli oceani, la parola degli uomini”.
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doc. 4 |
ASC,
Emeroteca Romana: Per. 933/22
“Il
conferimento della cittadinanza romana a Marconi” in Campidoglio
il 7 maggio 1903. Da: “L’Illustrazione Italiana”, 10 maggio
1903. Disegno di D. Paolocci.
Attiva
organizzatrice delle onoranze romane a Guglielmo Marconi è L’”Associazione
elettrotecnica Italiana”, presieduta dal professor M. Ascoli,
che nel pomeriggio, dopo la cerimonia svoltasi la mattina
nell’aula massima capitolina, introduce la conferenza scientifica
di Marconi nella stessa aula consiliare, ove sono state
apprestate quattro grandi carte geografiche.“La seconda carta
ha un valore grandissimo: essa è una vera primizia e rappresenta
in larghe proporzione la nostra penisola coll’indicazione delle
stazioni radio-telegrafiche già impiantate o che si impianteranno
presto. Nell’angolo di destra, in alto, leggesi in carattere
nero questa scritta: Raggio 170 miglia – Semafori – Capo Mele,
Palmaria, Monte Mario, Maddalena, Capo Sperone, Capo Passero,
Forte Spuria, San Giuliano, Ponza, Capo Santa Maria. I semafori
suindicati, che funzioneranno pure come stazioni radio-telegrafiche,
circondano l’Italia di una rete per mezzo della quale sarà possibile
trasmettere notizie da un capo all’altro della penisola, sono
disegnati sulla carta in rosso...” (“Il Giornale d’Italia”,
8 maggio 1903: “Guglielmo Marconi “Civisi Romanus” in Campidoglio”).
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doc. 5 |
ASC,
Emeroteca Romana: Per. 933/22
Pergamena
offerta a Guglielmo Marconi in occasione del conferimento della
cittadinanza romana in Campidoglio, il 7 maggio 1903. Da: “L’Illustrazione
Italiana”, 24 maggio 1903.
La
miniatura, che reca le sottoscrizioni del sindaco e dei membri
della giunta, oltre che del sindaco Prospero Colonna, e del
segretario comunale Lusignoli, fu eseguita dal maestro “alluminatore”
Giuseppe Cellini e costò cinquecento lire. “Il pregevole
lavoro del Cellini ha nella parte centrale il globo terrestre
avvolto nell’ombra notturna. Fra stelle d’oro spiccano due figure
muliebri tendendosi vicendevolmente le braccia. A un lato vi
sono due figure, l’una china sui libri seduta, simboleggia lo
studio; l’altra col capo circonfuso di fiamme, si libra sulle
ali purpuree, e significa l’ispirazione. Dietro questo gruppo
è disegnato un pilastrino che ha in cima l’immagine della Vittoria.
Dal lato opposto, sotto una edicola, vi è la figura della dea
Roma recante il globo e lo scettro...” (“Il Giornale
d’Italia”, 8 maggio 1903: “Guglielmo Marconi “Civisi
Romanus” in Campidoglio”).
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doc. 6 |
ASC,
Emeroteca Romana: Per. 933/22
“La
stazione radio-telegrafica di Monte Mario. Stazione ad albero
con filo aereo. Fotografia della Sezione fotografica del Genio”.
Da: L’illustrazione Italiana”, 1 febbraio 1903.
La
stazione da poco installata dalla Marina italiana a Monte Mario,
permette il collegamento con la Sardegna, essendo in corrispondenza
con la stazione di Becco di Vela, sull’isola di Caprera. Quando
Marconi giunge a Roma nel maggio 1903 l’impianto è già stato
potenziato, con l’aumento del numero dei fili, portati da quattro
a sei.
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doc. 7 |
ASC,
Emeroteca Romana: Per. 933/22
“Roma.
Marconi alla stazione radio-telegrafica di Monte Mario. Nella
camera dei motori”, l’8 maggio 1903. Da: “L’Illustrazione Italiana”,
24 maggio 1903. Disegno di D. Paolocci.
L’inventore della telegrafia senza
fili, visita il primo degli impianti installati a Roma dalla
Marina. Qui Marconi compie esperimenti di trasmissione, mandando
il suo saluto ai sottufficiali di stanza nella stazione installata
sull’isola della Maddalena, Lo Sacco e Da Pozzo, che sei anni
prima hanno lavorato con lui, durante gli esperimenti che il
giovane scienziato bolognese ha compiuti, rispondendo all’invito
ufficiale del governo, in collaborazione con la Marina italiana
nel Golfo di La Spezia.
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doc. 8 |
ASC,
Archivio Savorgnan di Brazzà, b. 140
15
marzo 1915. Memoriale dell’ingegnere Roberto Galletti alle Camere
contro la proroga della convenzione stabilente il monopolio
della Compagnia Marconi sulla radiotelegrafia in Italia.
Roberto
Galletti di Cadilhac ha lavorato dal 1902 saltuariamente
per la Compagnia Marconi, ideando nel 1906–07 un metodo per
aumentare l’efficienza delle trasmissioni radiotelegrafiche.
Nel 1912 ha costituito una sua compagnia con il concorso di
capitali inglesi e nel 1913 ha siglato con il ministero francese
delle poste l’accordo per la costruzione dell’emittente transatlantica
di Leschaux in Savoia: una realizzazione esemplare, capace di
emettere segnali tanto potenti da - si constaterà - “accecare”
la stazione della Marconi a Glace Bay in Canada. Nel 1917 scadrà
la convenzione tra lo Stato italiano e la Compagnia Marconi,
che intende estendere i suoi privilegi alla radiotelefonia.
L’ingegnere italiano interviene decisamente sulla stampa e presso
i parlamentari per difendere i suoi diritti, ma con scarsi risultati.
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doc. 9
doc. 10 |
ASC,
Archivio Savorgnan di Brazzà, b. 140
25
maggio e 12 giugno 1915. Lettere di Augusto Righi al senatore
Filippo Savorgnan di Brazzà sul progetto di stazione radiotelegrafica
presentato dall’ingegner Roberto Galletti.
Il
fisico Augusto Righi, autore di fondamentali studi sulle onde
elettromagnetiche scoperte da Hertz, da cui presero le mosse
gli esperimenti di Marconi, esprime parere favorevole al progetto
di stazione radiotelegrafica dell’ingegnere Roberto Galletti,
avversario senza successo del monopolio delle compagnie Marconi
sulle radiocomunicazioni nell’Atlantico. In Italia, dopo la
requisizione da parte dei militari francesi della stazione installata
a Leschaux, Roberto Galletti lavora alla stazione di Popoli,
poi nel 1916 sarà in Russia, per concordare per conto delle
autorità italiane le modalità del collegamento con una stazione
russa.
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doc. 11 |
ASC,
Archivio Savorgnan di Brazzà, b. 140
31
marzo 1916. Lettera di Quirino Majorana al deputato R. Gallenga
sul rinnovo della convenzione stabiliente il monopolio della
Compagnia Marconi sulla radiotelegrafia in Italia.
Il
fisico Quirino Majorana, manifesta il proprio assenso all’opposizione
espressa in aula dal parlamentare. La battaglia contro il
monopolio Marconi associa lo scienziato, professore ordinario
di fisica sperimentale al Politecnico di Torino, all’ingegnere
Roberto Galletti. Questi è legato al Majorana anche
da un debito di riconoscenza. Direttore dell’Istituto Superiore
dei Telegrafi e Telefoni dello Stato dal 1904 al 1914, il
Majorana infatti indirizzando al ministro un lusinghiero rapporto
sul metodo di generazione di onde persistenti, “a scintilla”,
escogitato dal Galletti, lo ha definitivamente introdotto
nell’élite della telegrafia senza fili.
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doc. 12 |
ASC,
Emeroteca Romana: Per. 933/71
“Scienza
che diventa poesia. Il genio e la praticità dell’inventore”. Da
“L’Illustrazione Italiana”, 25 luglio 1937. Numero speciale per
la morte di Marconi.
Il
numero della rivista è interamente dedicato alla rievocazione
della figura di Guglielmo Marconi, scomparso il 20 luglio. Onoranze
solenni gli vengono tributate dal regime. La salma in divisa dell’Accademia
d’Italia è esposta presso la Farnesina: “Vecchi, donne del
popolo, bambini, tutto il popolo dell’Urbe, che nutriva per questo
immenso genio italiano una profonda quasi religiosa ammirazione,
è sfilato in commosso raccoglimento” davanti al feretro.
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doc. 13
|
ASC,
Emeroteca Romana, Quot. 168/13
“Il
Duce insedia il Consiglio Nazionale delle Ricerche. La cerimonia
in Campidoglio. Il discorso del Senatore Marconi”. Da: “L’Impero”,
3 febbraio 1929.
Con
un messaggio ufficiale apparso sulla stampa il 1 gennaio 1928
il capo del governo ha chiamato a presiedere il C.N.R. Guglielmo
Marconi. Nel discorso pronunciato per la cerimonia del 2 febbraio
1929, per l’insediamento ufficiale del C.N.R., Marconi sottolinea
il valore dell’istituzione, riformata nel 1927. Nel C.N.R. si
dovranno “raccogliere tutti gli scienziati italiani”: la
cultura scientifica “come ogni attività della nuova
Italia” è spronata a “sentire il beneficio dell’incoraggiamento
e dell’interessamento benefico del Governo, anziché il timore
del controllo.
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doc. 14
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ASC,
Emeroteca Romana, Per: 933/71
“Al
Consiglio Nazionale delle Ricerche. Parola d’ordine del Duce al
presidente Badoglio”. Da: “L’Illustrazione Italiana”, 28 novembre
1937
Il
nuovo edificio del Cnr, costruito su un’area di m² 6.677 al termine
di viale del Policlinico, è inaugurato il 20 novembre 1937. La
superficie concessa è di m² 6.677. Si è scelta una pianta trapezoidale,
per sfruttare al meglio lo spazio disponibile. Il progetto è stato
affidato al “Comitato per l’Ingegneria”, con la collaborazione
del “Sindacato Nazionale Fascista Ingegneri”, e curato da Dagoberto
Ortensi. L’edificio, di sei piani, ospita sale di riunione,
biblioteca, uffici, magazzini e servizi, più due cortili interni.
Le funzioni operative del nuovo C.N.R. sono state già indicate
dal duce nel discorso del 23 marzo 1936 alla”Assemblea delle Corporazioni”,
tracciando lo “statuto economico” della nuova era autarchica:
“procedere all’inventario delle nostre risorse, e stabilire
inoltre quel che ci possono dare la tecnica e la scienza”.
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doc. 15 |
ASC,
Bilioteca Romana: 16468 [12]
“Il
Consiglio Nazionale delle Ricerche nella sua nuova sede”, Roma,
Soc. Italiana Arti grafiche, 1937. Documentario dei primati scientifici
e tecnici italiani: sale “della geografia e della astronomia”,
“della fisica e della chimica”.
Nell’architettura
funzionalista del nuovo edificio, l’apparato ideologico del regime,
oltre che nell’allestimento delle sale “museografiche”, è espresso
soprattutto nel vasto programma iconografico del salone del consiglio,
affrescato da Antonio Achilli. Vi sono ricordati i maggiori contributi
del genio italiano al progresso delle scienze attraverso i secoli:
dai discepoli di Pitagora ad Archimede e Lucrezio Caro,
primi scienziati dell’antichità, per passare a Leonardo da Vinci
e Cristoforo Colombo, a Galileo, con l’occhio fisso al suo cannocchiale,
Spallanzani, padre della Microbiologia, e Alessandro Volta, che
con l’invenzione della pila preparò l’avvento della civiltà elettromeccanica.
Infine un’allegoria della Scienza e della Tecnica al servizio
del Paese: vi sono rappresentati, sulla destra, Palazzo Venezia,
da dove il duce parlava al popolo e da dove la sua voce veniva
diffusa anche alle altre città italiane ed alle campagne grazie
all’invenzione di Marconi, “miracolo” dovuto alla Tecnica sorretta
dalla Scienza (sullo sfondo del quadro, tra le città e la campagna,
si inseguono antenne e tralicci); sulla sinistra sorge il palazzo
del Consiglio Nazionale delle Ricerche, centro propulsore della
vita scientifica e tecnica del Paese.
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