Nel 1844, un americano, Samuel Morse, inventò un telegrafo
elettrico che costituì una vera rivoluzione a livello mondiale. Si basava
sulla trasmissione di un codice composto di punti e linee che compongono
un vero e proprio alfabeto ed era costituito da un trasmettitore (la cui
parte principale era una leva che, abbassandosi, chiudeva un circuito)
e da un ricevitore, in cui c’era invece una bobina di elettromagnete:
quando era percorsa dalla corrente, la bobina si magnetizzava e attirava
una bacchetta di ferro cui era legata una penna che scriveva a sua
volta su una striscia di carta fatta scorrere a mano. Le compagnie ferroviarie
furono le prime ad utilizzare il telegrafo elettrico, per conoscere la
posizione dei treni ed evitare incidenti. Mentre il telegrafo di Morse
usava un solo filo elettrico, altri sistemi ne usavano uno per ogni lettera
dell’alfabeto. Un metodo intermedio fu quello del telegrafo di Cooke e
Wheatstone (1836) che funzionava con sei fili: gli impulsi elettrici facevano
muovere cinque aghi magnetici che indicavano le diverse lettere sul ricevitore.
Un ulteriore progresso è rappresentato dal telegrafo a banda perforata:
il messaggio veniva inciso già codificato in una sequenza di fori su una
striscia di carta e poi inviato dall’apparecchio che trasmetteva o meno
segnali elettrici in base alle forature riconosciute dai suoi punzoni.
Ricordiamo infine il telegrafo di Huges, il cui trasmettitore utilizzava
una tastiera di 22 tasti, corrispondenti ognuno ad una lettera o un segno,
che trasmetteva 60 parole al minuto e fu in uso fino al 1939. |