L’ORTO
BOTANICO A ROMA
(Gloria Ludovisi
- Archivio Storico Capitolino)
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Nell’ambito delle istituzioni scientifiche presenti
nella città di Roma, l’Orto Botanico rappresenta un organismo che
è andato evolvendosi nel corso del tempo, sia rispetto alle proprie
finalità e competenze, sia riguardo diversi aspetti logistici. Sebbene
il Comune di Roma non abbia avuto mai giurisdizione su quest’organo,
il presente studio, volto a scoprirne le origini e gli sviluppi fino
ad oggi, rappresenta un esempio di ricerca effettuata esaminando il
materiale documentario e bibliografico contenuto nell’Archivio Storico
Capitolino e nella Biblioteca ed Emeroteca Romana, tentando di mettere
in evidenza le relazioni, comunque avvenute, fra l’Amministrazione
Capitolina e i fatti riguardanti l’istituzione in oggetto. Con la
ricerca, oltre a tentare di ripercorrere tutto l’excursus storico
dell’argomento in questione, si è cercato di evidenziare alcune curiosità
e notizie, estrapolate proprio tramite l’esame delle fonti bibliografiche
confrontate con le fonti documentarie in nostro possesso.
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Al pari di tutte le grandi città d‘Europa e del mondo,
anche Roma possiede un Orto Botanico, un luogo cioè dove vengono coltivate,
conservate e sono ammirate una infinità di specie di piante officinali,
monumentali e da fiore.
L’Orto Botanico, nella sua accezione più generica, può essere considerato
come la naturale evoluzione del giardino dei semplici (luogo
preposto alla coltivazione delle erbe officinali, cioè utili
per scopi medici ad uso dei cerusici) avvenuta quando, tra la fine
del settecento e l’inizio dell’ottocento, la scienza botanica subì
un forte impulso di sviluppo e di definizione e, quindi, le collezioni
delle piante iniziarono a non essere apprezzate solamente per fini
utilitaristici, come nel giardino dei semplici, bensì si ampliano,
comprendendo più specie e raccolte anche di piante rare e preziose
ed acquisendo finalità scientifiche, didattiche, culturali e socio-economiche.
A Roma l’Orto Botanico ha origini antiche e recenti nello stesso tempo:
antiche perché un prodromo di giardino botanico si può rinvenire
già dai tempi di Innocenzo IV (1243-1251), recenti perché si è stabilito
nella attuale sede da poco più di cento anni.
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Nella biografia di Innocenzo IV (1243-1254),
redatta dal cronista Nicola Salvi, si legge "Presso
S. Pietro fece edificare un palazzo, ambiente e torre bellissimi,
e quivi fece comprare delle vigne" ciò sta a significare
che, sebbene a quei tempi la residenza papale fosse il Laterano,
erano state comprate delle terre, da adibire a coltivazione,
nei pressi dell’attuale Vaticano.
Come si legge nell’epigrafe che si trova nella Sala Capitani
del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio (Imm.
1), nel 1279 il Papa Nicolò III fece costruire
delle mura intorno al frutteto che era cresciuto nelle terre
prossime al Vaticano ordinando, inoltre, di approntare un giardino,
in cui piantare diversi alberi, e un praticello che andrà a
configurarsi come giardino dei semplici, il settore cioè
riservato alla coltivazione delle piante medicinali. Tutto il
complesso veniva indicato dallo stesso pontefice come pomerium
per la presenza di alberi da frutto; dai biografi del Papa veniva
nominato anche viridarium o jardinum magnum, all’interno
del quale esisteva il settore del pratellum et fontem
(che può venire identificato come il vero e proprio giardino
dei semplici). Il temine più generico per indicare parchi
o giardini che includevano vari tipi di coltivazioni poteva
riassumersi in viridaria. Il settore dedicato alla coltivazione
delle piante medicinali era affidato alla cura del Capellanum
Medicum e forniva medicamenti semplici (da questo
giardino dei semplici) in opposizione ai medicamenti
composti cioè i medicinali elaborati e composti dagli
speziali.
Durante la cattività avignonese (1305-1377), la zona destinata
a giardino versò in stato di abbandono fino a che i Papi Innocenzo
VII ed Eugenio IV ripresero a dedicare attenzione a queste aree
in relazione proprio all’insegnamento della medicina: infatti
nel corso delle esercitazioni pratiche era necessaria la cosiddetta
"ostensione dei semplici", per il cui svolgimento
le erbe officinali erano indispensabili.
Il Papa Nicolo V (1447-1455), nel 1447, arricchendo e riordinando
una parte dell’Orto Vaticano, adibì questa ad Orto Medico per
lo studio e l’insegnamento della botanica. Questo avvenimento
potrebbe essere considerato come l’avvento del primo vero e
proprio Orto Botanico a Roma nonché la nascita del primo Orto
Medico d’Italia e d’Europa.
Il primo degli spostamenti dell’Orto Botanico di Roma avvenne
con Innocenzo VIII (1484 – 1492) in occasione della costruzione
della Palazzina del Belvedere lungo il declivio di Mons Sancti
Aegidi. I viridaria della città Leonina, cheattualmente
corrispondono al lato sud del cortile della caserma degli svizzeri
attiguo al colonnato berniniano, vennero spostati nella zona
limitrofa al nuovo edificio. (Imm. 2)
Il Papa Paolo III Farnese (1534 - 1549) si occupò molto dei
giardini al Vaticano effettuando ristrutturazioni e migliorie,
valorizzando quindi anche il settore relativo all’Orto Botanico.
Istituì anche un giardino di acclimatazione sul Palatino detto
Orti Farnesiani: in questa area sul Palatino vennero
sperimentate nuove colture e trapianti delle piante esotiche
che iniziavano a pervenire dal nuovo mondo.
Michele Mercati, medico di Gregorio XIII (1572-1585), già dai
tempi di Pio IV ricopriva la carica di "semplicista pontificio",
figura preposta alla cura del giardino dei semplici. Egli scambiò
una fitta corrispondenza di liste e di cataloghi dei semi posseduti
con Ulisse Aldrovandi dell’Archiginnasio Bolognese (da questa
si rileva il patrimonio di piante e semi allora in dotazione
all’Orto Botanico di Roma: più di quattrocento specie, fra cui
alcune provenienti dal nuovo mondo come il girasole, il mais
e il tabacco).
All’inizio del nuovo secolo (il XVI) si hanno notizie di un
titolare unico preposto all’insegnamento della botanica e alla
direzione dell’Orto Botanico: il tedesco Joannes Faber, incaricato
cioè sia della ostensio simplicium in horto, per le esercitazioni
pratiche, che dell’insegnamento teorico.
Si può notare come l’interesse per la coltivazione delle piante
ornamentali, da frutto e da fiore, vada di pari passo con la
necessità, nonché l’uso, di coltivare le piante medicinali come
fondamentali strumenti di supporto allo studio della medicina
e non esclusivamente per completare le conoscenze botaniche.
Pietro Castelli, il primo romano alla guida dell’Orto Botanico
e titolare della cattedra di botanica dell’Università della
Sapienza di Roma fino al 1638, scriveva infatti che "l’Horto
de’ semplici sia dello Studio parte essenziale" non
solo per la botanica ma "per istruire i Medici e li
Spetiali". E’ questo il motivo per il quale, annesso
all’Orto Botanico e sua parte integrante, si ritrova sempre
il cosiddetto giardino dei semplici.
Questa istituzione romana, con la partenza del Castelli per
Messina con l’incarico di istituire l’Orto Botanico di quella
città, inizia la sua decadenza, dovuta principalmente alla inaccessibilità
dei giardini vaticani e allo scarso collegamento con l’Università
della Sapienza, dove effettivamente avveniva l’insegnamento
teorico della botanica.
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Il Papa Alessandro VII Chigi, (1655-1667) prese particolarmente
a cuore la possibilità che l’Università avesse un proprio giardino
dei semplici: per questa ragione caldeggiò l’istituzione di
un nuovo Orto Botanico al Gianicolo, approfittando del fatto
che i praticanti semplicisti facevano parte dei frati minori
e che per questo avevano già iniziato autonomamente a tenere,
nel giardino alle spalle del loro convento a S. Pietro in Montorio,
le lezioni pratiche agli studenti di botanica. Inizialmente,
la guida di questo Orto fu lasciata proprio ai Francescani,
con grande disappunto degli accademici. Il luogo venne poi ampliato,
concedendo alla stessa Università la gestione dei terreni adiacenti.
Questo avvenimento è ricordato nella iscrizione posta sulla
facciata della Chiesa di S. Ivo alla Sapienza dove viene menzionata
l’annessione dell’Orto Botanico alla Università Romana. (Imm.
3)
Nella nuova sede furono trasferite le piante residue dell’Orto
Botanico precedente ed inoltre fu compiuta un’integrazione con
nuove coltivazioni. Anche questo nuovo sito, però, non si rivelò
ottimale, a causa della distanza dal centro, della esposizione
ai venti di tramontana e della scarsità di attrezzature.
Sotto la guida di Giovan Battista Trionfetti, grazie alla sua
grande opera di ricerca ed alla sua capacità di stabilire relazioni
anche internazionali, l’Orto Botanico ebbe un periodo di grande
espansione e rilancio. Durante i 30 anni di sua direzione ed
impegno, oltre ad un ampliamento delle varietà delle piante
presenti, il Trionfetti ottenne anche la costruzione di un nuovo
grande edificio a pianta pentagonale, dove poter effettuare
l’ostensione dei semplici senza alcun disagio.
Dopo la morte del Trionfetti, purtroppo, seguì un periodo di
abbandono e disinteresse rispetto al giardino: i direttori che
si susseguirono non furono all’altezza del loro predecessore
e lo stato di abbandono venne accentuato dalla decisione di
porre alla guida dell’istituzione un medico anziché un botanico.
Inoltre, i problemi relativi alla lontananza dal centro abitato,
all’esposizione al vento di tramontana e alla mancanza di un
edificio adatto per la custodia invernale delle piante continuavano
a persistere.
Michelangelo Poggioli, direttore dell’Orto Botanico dal 1803,
avviò una fitta corrispondenza con l’Amministrazione Napoleonica,
nella persona di Tournon, prefetto napoleonico di Roma ed allora
reggente dell’Accademia dei Lincei, esponendo la necessità di
un cambiamento di sede per i motivi espressi in precedenza ed,
anche, per lo stato di decadenza in cui il giardino stava disponendosi.
Infatti, l’area al Gianicolo dove aveva stanziato l’Orto Botanico,
dopo il trasferimento del 1823 nella nuova sede preposta, continuò
il processo di deterioramento ed abbandono tanto che, anche
in seguito al crollo nel 1830 di una parte del muro di recinzione
verso porta S. Pancrazio, la Direzione Centrale delle Strade
ed Acque dovette intimare all’Archiginnasio di effettuare degli
urgenti lavori di restauro. Successivamente fu presa, invece,
la decisione di pubblicare un bando di vendita. Nel 1835 si
aggiudicò l’asta Antonio Gianni, per conto del prof. archeologo
Antonio Nibby, il quale divenne proprietario anche del fabbricato
interno all’Orto Botanico, impegnandosi, però, ad eseguire i
lavori di ripristino del muro crollato.
La questione del restauro e successiva vendita dell’area in
oggetto potrebbe essere considerata, nel tempo, come l’ultimo
atto di ingerenza da parte direttamente dell’Amministrazione
Centrale del Governo Pontificio, che cedeva il passo definitivamente
alle Istituzioni Universitarie, riguardo la gestione tecnico-logistica
e l’amministrazione dell’Orto Botanico.
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LA CITTA’ DI ROMA E IL "FALSO" ORTO BOTANICO DEL CELIO |
All’interno dei fondi documentari conservati in Archivio Capitolino,
sono presenti alcune carte, riguardo un singolare equivoco sviluppatosi
nel corso del tempo, che hanno contribuito a confermare la presenza
ed il perpetuarsi dell’errore in oggetto. Si cercherà, qui di
seguito, di definire le origini e le ragioni del fraintendimento.
Nel piano regolatore pubblicato dall’Amministrazione Napoleonica
appare l’ipotesi della costituzione dell’Orto Botanico presso
il Colosseo. Nella seduta del 17 settembre 1811 della Commissione
per gli Abbellimenti della Città di Roma era anche stato decretato
uno stanziamento di 50.000 franchi per la messa in opera di
questa proposta. Questa rimase però solo un mero progetto perché,
invece, nel 1823, la sede dell’Orto Botanico venne stabilita
nei giardini di Villa Salviati alla Lungara.
Nella fantasia dei Romani, però, a tutt’oggi, per "Orto
Botanico" si intende, di frequente, la zona vicina all’Antiquarium
Comunale sul Celio, nei pressi del Colosseo.
L’equivoco potrebbe essersi sviluppato dal momento che l’Amministrazione
Napoleonica, sebbene non fosse riuscita a mettere in atto il
trasferimento dell’Orto Botanico al Celio, aveva comunque lasciato
in eredità un nuovo fervore per il giardinaggio e le passeggiate,
tale che Pio VII fece scaricare alle spalle della chiesa di
S. Giovanni e Paolo al Celio grandi sbancamenti di terre provenienti
dalla passeggiata intorno al Palatino, la cui realizzazione
però non fu portata a compimento. Gregorio XVI, oltre che essere
grande fautore del trasferimento dell’Orto Botanico a via della
Lungara presso Villa Salviati, si prese cura anche della sistemazione
della zona del Celio, alle spalle della chiesa di S. Giovanni
e Paolo, creata con le terre di riporto. Dette l’incarico a
Gaspare Salvi di occuparsi di questa area, che già risulta,
nella pianta del Censo del 1829, essere una zona adibita a verde
pubblico con viali alberati, facendo recingere la nuova passeggiata
e fornendola maggiormente di piante e giardini. All’ingresso
del parco fu eretto un cancello, in seguito demolito, con due
pilastri, a ridosso dei quali furono affisse due lapidi che
ricordavano, in latino, l’interessamento del Papa per questo
hortus. Nel 1847 dal Moroni la parola hortus fu
tradotta in Orto Botanico anziché semplicemente
in giardino e, probabilmente, anche per questo motivo nella
fantasia dei Romani, per tradizione, viene usata questa denominazione
per indicare quel luogo. A tale proposito è da ricordare
la diatriba che si ritrova nel carteggio inserito nel fondo
"Gabinetto del Sindaco" del 29/11/1929 (Imm.
4) fra Pietro Romualdo Pirotta,
appena dimesso direttore del vero e proprio Orto Botanico e
il Governatore di Roma principe Francesco Boncompagni Ludovisi,
sulla errata attribuzione del nome "Orto Botanico"
ai terreni prospicienti l’Antiquarium del Celio. Anche nelle
carte appartenenti alla Ripartizione X "Antichità e Belle
Arti" relative a quelle aree del Celio si rileva che nell’oggetto
viene sempre riportato "Orto Botanico".
Anche in tempi più recenti, come si nota nel progetto di utilizzazione
delle strutture stabili dell’Antiquarium al Celio danneggiato
dai lavori per la metropolitana, viene usata la denominazione
"Orto Botanico" per localizzare dove compiere quegli
interventi. (Imm. 5 e 6)
Sfogliando poi la documentazione contenuta nel Titolo 55 "Passeggiate
e Vivaio delle Piante" si può rilevare che, nell’ambito
della stessa unità archivistica, in un
sottofascicolo si tratta di un concorso da tenersi nella località
del Colosseo "detta Orto Botanico" e in un altro,
accennando allo spostamento di una siepe, si fa invece riferimento
all’Orto Botanico di via Panisperna dove
allora era stato ufficialmente trasferito. (Imm
7 e 8) La denominazione di località
"detta Orto Botanico" si può ritrovare ancora nel
Titolo 55 "Passeggiate e Vivaio delle Piante" in data
1896 in cui si discute circa un contenzioso riguardo la palestra
che il Comune di Roma fece costruire all’interno di questa area,
dal momento che Pio IX aveva concesso, nel 1847, la competenza
sui giardini pubblici all’Amministrazione Comunale. (Imm.
9)
Il caso che Papa Gregorio XVI fosse stato un accanito sostenitore
e mecenate dell’Orto Botanico nei giardinidi Villa Salviati
a via della Lungara e si fosse anche attivamente interessato
dell’apertura della passeggiata al Celio, contribuì sicuramente
a creare confusione e ad indurre un equivoco che si è radicato
molto a fondo nell’uso e nella fantasia popolare, come se i
due interventi facessero parte dello stesso progetto.
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ORTO BOTANICO A PALAZZO SALVIATI ALLA LUNGARA |
Nel 1823, invece che nell’area del Celio, l’Orto Botanico fu
trasferito nei giardini di Villa Salviati a via della Lungara.
Il trasferimento fu disposto da Pio VII, una volta ripristinato
governo pontificio dopo l’amministrazione napoleonica. Il nuovo
Giardino Botanico fu inaugurato da Papa Leone XII, ma fu Papa
Gregorio XVI a prenderne a cuore le sorti: ancora oggi resta
traccia del suo interessamento nell’iscrizione, del 1837, apposta
sui pilastri dell’ingresso "GREGORIUS XVI P.M. / A.
MDCCCXXXVII / BOTANICAE PROVEHENDE", a memoria della
benevolenza del Papa nei confronti di questa istituzione.
La decisione di trasferire l’Orto Botanico di Roma nel giardino
di Villa Salviati fu presa in seguito all’acquisto, da parte
della Reverenda Camera Apostolica, di questo edificio allo scopo
di destinarlo a sede degli Archivi. Le particolari caratteristiche
del giardino annesso (era poco esposto alla tramontana a differenza
dell’area precedente sul Gianicolo dietro al Fontanone dell’acqua
Paola, aveva l’ingresso separato rispetto al palazzo, era più
accessibile, aveva già quattro grandi aiuole formate ed era
dotato di fontane e peschiere, che verranno poi utilizzate per
la sistemazione delle piante acquatiche) fecero si che quell’area
fosse indicata come adatta ad accogliere questo trasferimento.
Pio VII, dunque, nel 1818, assegnò il giardino all’Archiginnasio
con l’intento di realizzarvi il nuovo Orto Botanico il cui fine
doveva contemplare, oltre che la divulgazione, anche la promozione
di scambi e commercializzazione di semi con privati
L’insegnamento della Botanica, già dalla metà del 18° secolo,
era stato sdoppiato in due cattedre distinte: Botanica Pratica
e Botanica Teorica.
La dirigenza dell’Orto Botanico veniva affidata al docente preposto
all’insegnamento della Botanica Pratica, il quale veniva coadiuvato,
per la parte relativa alla vera e propria conduzione dell’Orto
Botanico, da un Custode e da un Sottocustode. Il Custode, al
quale l’Agente Generale dell’Università versava direttamente
i fondi stanziati per la gestione dell’Orto Botanico, si occupava
direttamente delle attività e del personale. Il compenso del
Direttore, in quanto titolare di cattedra, veniva corrisposto
direttamente dall’Amministrazione dell’Archiginnasio, in quanto
Direttore d’Istituto, invece, veniva corrisposto dall’Agente
Generale dell’Università.
Al momento in cui fu presa la decisione di trasferire l’Orto
Botanico a Villa Salviati, direttore era il prof. Ernesto Mauri,
il quale, insieme all’architetto dell’Archiginnasio Fabrizio
Giorgi, si rese conto della necessità di effettuare alcune modifiche
alla nuova sede, tali da renderla idonea per la destinazione
a cui era stata preposta. Già dal 1818 venne, infatti, elaborato
dal Giorgi un progetto di sistemazione del giardino di Villa
Salviati atto a corrispondere alle nuove esigenze scientifiche
e dimostrative. La proposta presentata prevedeva la divisione
delle 4 grandi aiuole della parte pianeggiante in 40, facendo
in modo che ognuna potesse accogliere una diversa coltura e
fosse circondata da piante in vaso. I grandi alberi, invece,
si era pensato di sistemarli nell’area a ridosso delle pendici
del Gianicolo. L’aula delle lezioni venne ricavata dal Giorgi
da un fabbricato già esistente nel giardino, nel quale fu anche
delimitato uno spazio adatto alle piante bisognose d’ombra.
Il progetto del Giorgi prevedeva poi anche la costruzione di
un fabbricato ex-novo per la collocazione delle serre, precisamente
di due calidarii e un tepidarium. Evidentemente,
per la realizzazione di tutto questo progetto, era necessaria
una grande quantità di denaro, tanto che Pio VII si rese conto
che il bilancio dell’Archiginnasio non poteva essere sufficiente.
Egli stabilì, perciò, che ad ogni estrazione del Lotto venissero
destinati 15 scudi per sovvenzionare la prevista opera di ristrutturazione.
Lo stanziamento andò avanti fino al 1835 e ciò potrebbe considerarsi
un antecedente delle elargizioni di denaro che, anche oggi,
il gioco del Lotto riserva alla promozione e alla tutela della
cultura e dell’arte. L’istituzione di quello che si può definire
il prodromo del vero e proprio Orto Botanico di Roma, con tutte
le caratteristiche che da ora in poi conserverà, avvenne dunque,
sotto gli auspici di Papa Leone XII, nel 1823. L’esigenza di
coltivare rapporti internazionali venne subito sottolineata
dall’allora direttore, prof. Ernesto Mauri che, già nell’estate
del 1824, si recò a Parigi per visitare l’Orto Botanico di quella
città, elaborando la proposta di acquistare per il giardino
di Roma 150 piante rare. Scambi e collaborazioni con i direttori
degli Orti Botanici delle altre città furono mantenuti vivi
nel tempo. Continuando a sfogliare il fondo Titolo 55 "Passeggiate
e Vivaio delle Piante" nel 1876 si ritrova un documento
che avvalora la precedente tesi: infatti vi è traccia di un
invio di semi e di un catalogo piante da parte dell’Orto Botanico
di Madrid al direttore dell’Orto Botanico di Roma. (Imm
10)
Il 5 novembre 1824, dopo ritorno del prof. Ernesto Mauri
dal viaggio a Parigi, vi fu l’inaugurazione dell’anno accademico
alla presenza di Papa Leone XII, il quale anche in seguito si
occupò del buon andamento e accrescimento dell’Orto Botanico.
Infatti, nel "Chirografo della Santità di Nostro Signore
Papa Leone XII sopra la stabile dotazione, ed economica amministrazione
dell’Archiginnasio di Roma" datato dal Palazzo Apostolico
del Vaticano 2 febbraio 1825, si può leggere: "Volendo
altresì provvedere alla conservazione, ed aumento dell’Orto
Botanico, il quale perché ultimamente fondato dalla munificenza
del nostro immediato predecessore abbisogna di maggiori sussidj,
onde giunga a corrispondere e al decoro della città, e all’istruzione
della gioventù, ci siamo determinati di assegnare, siccome assegnamo,
oltre le attuali spese ordinarie di manutenzione, coltivazione
e stipendi, l’annua dotazione di scudi trecento per erogarla
specialmente negli oggetti, che si riecheggiano per la sua maggiore
perfezione". L’Amministrazione Centrale dello Stato
Pontificio, attraverso il Chirografo del Papa Leone XII, stabiliva
quindi le norme per la gestione economica dell’Orto Botanico
e ne definiva la struttura; accennava anche all’istituzione
di uno stabilimento veterinario in quella sede, opera della
quale però, in seguito, non si ritrovano particolari riferimenti
se non, nel 1871, un accenno relativo alla morte di due ghepardi.
Il giardino Salviati era quindi a disposizione dell’Archiginnasio
per quanto concerneva l’Orto Botanico ma di proprietà, come
tutto il resto del Palazzo, della Camera Apostolica. Questo
tipo di "doppia gestione" sicuramente comportò alcune
difficoltà dovute alla sovrapposizione delle diverse competenze.
Per questo motivo, in seguito alle pressioni del rettore dell’Archiginnasio,
nel 1828 il giardino fu ceduto in perpetua e libera proprietà
alla istituzione universitaria.
Il direttore Mauri rimase alla guida dell’Orto Botanico fino
al 1833. Fu sostituito dal prof. Carlo Donarelli, docente di
Botanica Pratica e Fisiologia, il quale, però, non si rivelò
all’altezza del suo predeccessore. La sua nomina suscitò, pertanto,
un’aspra polemica da parte del docente di Botanica Teorica,
prof. Sanguinetti, che, oltre a rivendicare l’unificazione delle
due cattedre di Botanica in una sola, accusò il Donarelli di
aver vanificato l’opera divulgatrice del precedente direttore,
sostituendo la classificazione delle piante voluta dal Mauri,
con semplici riferimenti numerici di difficile comprensione
per studenti e visitatori. Alla fine del suo mandato, Donarelli
venne sostituito proprio da Sanguinetti che portò anche a compimento
il suo progetto di riunificare, nella sua persona, le due cattedre
di botanica. Il 10 febbraio 1853 però rinunciò alla direzione
e fu sostituito dal dott. Ettore Rolli, nominato prima Custode
Provvisorio e poi Custode Stabile.
Sotto il Pontificato di Pio IX, iniziato nel 1846, l’Orto Botanico
ebbe un nuovo impulso: il Pontefice, infatti, rilevò l’importanza
di questa istituzione, ebbe a cuore che fossero utilizzati tutti
i moderni metodi e strumenti relativi alla coltivazione delle
piante e che fossero adottati nuovi sussidi utili all’insegnamento
della botanica. Nel 1855 il Pontefice attribuì al Municipio
Romano la competenza sul vivaio di piante indigene e ordinò
l’ampliamento e il rimodernamento delle serre ideate dal Giorgi,
da destinare specialmente alla conservazione delle piante esotiche.
(Imm. 11)
Del progetto se ne occupò l’architetto Virginio Vespignani
che, nella ristrutturazione, prevedeva che i prospetti e le
coperture delle serre fossero interamente a vetri e che gli
ambienti fossero dotati di un nuovo e moderno impianto di riscaldamento
a termosifone, tale da mantenere una serra tiepida ed una maggiormente
riscaldata, allo scopo di far fronte alle esigenze di mantenimento
di diverse specie di piante.
Dopo la richiesta, del 1855, di Sanguinetti, per il suo reintegro
in ruolo, la direzione dell’Orto Botanico subì alterne vicende:
il dott. Rolli venne nominato prima Direttore Provvisorio nel
1860 e poi, dopo la morte di Sanguinetti avvenuta 1868, titolare
della cattedra di Botanica Pratica e quindi, il 26 luglio 1869,
Direttore Stabile, incarico che egli ricoprì con dovizia e successo
anche dopo il 1870. Il Rolli ebbe, fra gli altri, il pregio
di suddividere il giardino in quattro grandi ripartizioni, secondo
la classificazione delle specie, indicando per ognuna il nome
e lo scopritore.
Dopo la decisione di trasferire di nuovo l’Orto Botanico in
altra sede, maturata dopo il 1870 con l’avvento del nuovo Governo
Italiano, Palazzo Salviati, unitamente al suo giardino, venne
assegnato all’Amministrazione Militare per costituirvi un collegio.
Prima del trasferimento definitivo dell’Orto Botanico alla nuova
sede designata si ha ancora notizia di un progetto di ampliamento
e ristrutturazione del giardino a Villa Salviati, in cui si
propose di inglobare in esso anche i prospicienti terreni del
Convento di S. Onofrio. (Imm. 12)
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LA "SALA DEL CETACEO" ALL’ORTO BOTANICO DI VILLA SALVIATI
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A parte dunque l’accenno nel Chirografo del 1825 di
Papa Leone XII riguardo l’istituzione di uno stabilimento veterinario
nell’ambito dell’Orto Botanico ed il riferimento del 1871 relativo
alla morte di due ghepardi, avvenuta in precedenza in quella
sede, non sono stati rinvenute testimonianze che comprovino
lo svolgimento di questa attività parallela.
Un particolare e singolare evento però potrebbe indurre a pensare
che, invece, la relazione fra studio della botanica e scienza
veterinaria abbia avuto sviluppo per un periodo nello stesso
luogo.
Il 4 marzo 1866 fu ritrovato, al largo delle coste di S. Marinella,
il corpo di un grande cetaceo morto. L’allora Direttore del
Museo di Geologia dell’Università Romana, il prof. Vincenzo
Diorio, stabilì che le caratteristiche dell’animale erano così
particolari ed insolite da ritenerlo meritevole di essere esposto,
alfine di consentirne una visione completa dello scheletro.
Fu deciso di sistemare l’animale, identificato come appartenente
al genere delle balenottere e di dimensioni piuttosto considerevoli,
proprio all’interno delle strutture dell’Orto Botanico. L’architetto
Virginio Vespignani ricavò una sala adatta nell’edificio che
ospitava la scuola dimostrativa. (Imm.
13) Il cetaceo fu esposto sospeso
al soffitto tramite tiranti e, alfine di rendere agevole l’osservazione
dello scheletro dell’animale da parte dei visitatori, furono
costruiti dei ballatoi intorno al perimetro della sala. Fu esposto
anche, oltre a quello del grosso cetaceo trovato nei pressi
di S. Marinella, lo scheletro di un cascialotto, altra specie
di cetaceo, rinvenuto sulle sponde di Palo nel 1833 ed ospitato,
fino a quel momento, nell’atrio inferiore dell’Università.
L’esibizione del grosso scheletro fu, senza dubbio, un avvenimento
eccezionale per l’epoca tanto che anche il Papa Pio IX il 5
dicembre 1867 si recò in visita all’Orto Botanico per assistere
all’esposizione (Imm. 14)
In seguito al trasferimento dell’Orto
Botanico nella nuova sede, gli scheletri dei cetacei furono
trasportati prima nell’Istituto di Anatomia Comparata a via
De Pretis e poi, dopo il 1931, smontati e trasferiti presso
la Città Universitaria in via Alfredo Borrelli.
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DOPO L’UNITA’: L’ORTO
BOTANICO A VIA PANISPERNA
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Dopo il 1870 anche le strutture universitarie
passarono sotto l’egida dell’Amministrazione del nuovo
Stato Italiano, i cui progetti ed intendimenti comprendevano,
fra gli altri, il rinnovamento ed il potenziamento delle
stesse.
Le nuove direttive indicavano la riunificazione di tutti
gli istituti scientifici nella zona del Viminale. Anche
per l’Orto Botanico, il cui direttore in quel momento
era lo scienziato milanese Giuseppe De Notaris, perciò
venne progettato un trasferimento, presso l’ex Convento
di S. Lorenzo in Panisperna, che era stato espropriato
dallo Stato, nel 1872, alle Monache che lo abitavano.
Si può rilevare l’intenzione di effettuare il trasferimento
dell’Orto Botanico a via Panisperna, in accordo con il
più ampio progetto di riunificazione in quella zona di
tutti gli stabilimenti scientifici, sia quelli i cui trasferimenti
fino ad allora erano stati approvati, cioè il laboratorio
di Chimica, quello di Fisica e quello di Anatomia, sia
quelli ancora da deliberare, esaminando il carteggio all’interno
dell’Ufficio V Lavori Pubblici "Piano Regolatore",
intercorso fra il Ministero della Pubblica Istruzione
ed il Comune di Roma, circa la ristrutturazione dell’accesso
dell’ex Convento di S. Lorenzo in Panisperna, (Imm.
15)
La decisione di trasferire in quel luogo le piante e le
serre di Villa Salviati si rivelò, però, non molto felice:
infatti, la sistemazione in quel sito così angusto e chiuso
fra gli edifici del quartiere Monti, risultò poco idonea
a fornire lo spazio ed il respiro necessari.
All’interno di un altro carteggio fra il Ministero della
Pubblica Istruzione ed il Comune di Roma, si ritrovano
anche notizie circa gli espropri da effettuare nella zona
dell’Esquilino prospiciente alle Sette Sale, luogo che
si era pensato avrebbe dovuto accogliere sia l’Istituto
che l’Orto Botanico (Imm 16 e17)
Questo progetto però evidentemente non andò a buon
fine perché, invece, fu deciso di trasferire l’Orto Botanico,
che si trovava in degrado nei territori dell’ex convento
di S. Lorenzo in Panisperna, presso la Villa Corsini nei
pressi della Lungara, acquistata nel 1883 dal Demanio e
dal Comune. Dalla documentazione in nostro possesso si
evince però che il passaggio alla nuova sede non fu così
repentino ed automatico. Si può infatti leggere che nel
1887 si parla ancora di Orto Botanico a via Panisperna
(Imm. 18). Il trasferimento
alla nuova sede si protrasse quindi per alcuni anni: dilazione
nel tempo forse determinata dalla circostanza che, invece,
l’Istituto Botanico rimase dov’era e non seguì lo stesso
iter previsto per il suo Orto Botanico. Infatti il progetto
per lo spostamento della grande serra di via Panisperna
alla nuova sede di Villa Corsini è datato 1890. (Imm
19 e 20)
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ORTO BOTANICO "MODERNO" A VILLA CORSINI
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Nel 1883 il Governo Italiano, insieme al Comune di Roma,
acquistò da don Tommaso Corsini, duca di Casigliano, il complesso
della Villa Corsini alla Lungara, con la clausola che la destinazione
del Palazzo fosse ad uso di Accademie delle Scienze, in particolare
quella dei Lincei, ed adibito a sede di Musei, come si può leggere
nella Delibera di Consiglio del 26 aprile del 1883 (Imm
21) a cui fece seguito il contratto di acquisto,
di cui si riporta il frontespizio, del 19 maggio dello stesso
anno. (Imm. 22)
Per grandi linee, le aree acquistate dal Comune furono quelle
che comprendevano l’altipiano della Villa per 41.000 metri quadrati,
da utilizzare per la continuazione della passeggiata sul Gianicolo,
e la parte bassa della Villa di circa 16.000 metri quadrati,
per il prolungamento di via del Mattonato.
Il Demanio, invece, acquistò il Palazzo e gli undici ettari
di terreno dietro di esso, destinati a costituire la sede di
un orto Botanico adeguato alla Capitale del giovane Stato Italiano
e che, ancora oggi, rappresenta uno fra più estesi d’Italia.
Dopo alcuni anni venne effettuata fra il Demanio ed il Comune
di Roma una rettifica dei confini delle rispettive aree di competenza,
come si nota dall’esame della successiva Delibera di Consiglio
del 5 marzo 1900. (Imm. 23)
In alcune tavole, contenute nel Fondo Uffico V Lavori Pubblici
"Piano Regolatore", si può ritrovare la planimetria
che delimita le rispettive zone, ed anche il disegno della cancellata
e del muro utilizzati per marcare il confine fra Orto Botanico,
sul quale gravava l’Amministrazione Statale, e la passeggiata
al Gianicolo, di competenza comunale. (Imm.
24 e 25)
La sede scelta per il trasferimento dell’Orto Botanico si
stendeva in un’area tradizionalmente adibita a giardini. Infatti,
fin dai tempi di Caracalla, si hanno notizie dell’ "Orto
di Geta", fratello dell’imperatore, sito in quel luogo.
Di epoca romana anche oggi si possono ammirare alcuni resti
e piccole sculture.
Il Palazzo, che originariamente si chiamava "Palazzo dei
Riari" dal nome del Cardinale che l’aveva costruito, fu
anche residenza della Regina Cristina di Svezia dal 1659 al
1689, anno della sua morte, la quale, durante il suo soggiorno,
aveva utilizzato il giardino annesso al palazzo per spettacoli
e rappresentazioni di melodrammi scritti, espressamente per
lei, da compositori ed autori italiani.
I Corsini acquistarono il Palazzo nel 1729 ed il 5 agosto del
1736, fu incaricato del restauro dell’edificio Ferdinando Fuga,
architetto fiorentino invitato a lavorare a Roma da Clemente
XII (al secolo Lorenzo Corsini) che, a causa del sua elezione
al soglio pontificio, richiamò nella capitale molti fra i suoi
familiari, rendendo così inadeguata la sua precedente residenza
a Palazzo Panfili a Piazza Navona, non più sufficiente ad accogliere
una quantità così elevata di ospiti.
Dopo l’acquisto di Villa Corsini (Imm.
26) da parte del Demanio e del Comune di Roma,
naturalmente furono proposti e effettuati lavori di ristrutturazione
ad ampliamento anche dei giardini, in modo da renderli sede
adeguata al trasferimento della struttura dell’Orto Botanico.
In alcuni documenti del 1884, sempre riguardanti il Ministero
della Pubblica Istruzione ed il Comune di Roma, si può notare
quanto le proposte per il progetto furono discusse e controverse;
disaccordi dovuti, probabilmente, alla contemporanea ingerenza
delle due Amministrazioni sull’intero complesso. (Imm.
27) Come si può leggere il Ministero della Pubblica
Istruzione riteneva eccessivo il preventivo di spesa, allocato
nel progetto esecutivo per l’impianto dell’Orto Botanico nei
giardini della Villa, fornito, per conto del Comune, dall’Architetto
Giulio Podesti; veniva inoltre espresso parere discordante rispetto
la divisione dei carichi di spesa spettanti alle due Amministrazioni.
Fu designato alla direzione dell’Orto Botanico nella nuova sede
nei giardini di Villa Corsini, mantenendone il mandato fino
al 1928, il giovane professore di Modena Pietro Romualdo Pirotta
"Botanicae Professor et Horti Praefectus", il cui
scopo fu quello di dare alla capitale d’Italia un giardino botanico
tale da poter competere con quello di tutte le altre grandi
città straniere.
Nell’elenco stilato nel 1884, ritrovato nella documentazione
in nostro possesso, (Imm. 28)
si può constatare quale fosse stata la dotazione di attrezzi,
strutture, piante in vaso, busti, fontane ecc. preesistente
nei giardini della Villa sulla quale avrebbe potuto far conto
il prof. Pirotta per l’insediamento del nuovo Orto botanico.
Sebbene, esaminando le 14 tavole di disegni donate da Paolo
Pollastri al principe don Tommaso Corsini nel 1872 (dove si
possono ammirare, fra le altre, la planimetria stessa del giardino
e del parco (Imm. 29) ed
il nuovo progetto del casino sul monte Gianicolo (Imm.
30) appaia evidente, a quella data, la sontuosità
del Palazzo e la cura riposta al fiorente giardino (Imm.
31), al momento della cessione
il terreno versava in apparente stato di abbandono e decadenza.
Grande merito del Pirotta fu quello di ripopolare il giardino
con piante di varie specie, poiché, anche durante il periodo
"rigoglioso" mostrato nelle tavole del Pollastri,
a parte la modesta presenza di alberi che si ravvisa nella parte
in collina, non si notano, nei disegni di cui sopra, piante
ad alto fusto in tutta la parte pianeggiante. Si evince pertanto
che, mentre per quanto concerneva gli impianti idrici e le fontane,
si poterono sfruttare parte delle strutture già esistenti, in
merito al lavoro di impianto dell’Orto Botanico vero e proprio
si dovette ripartire quasi da zero, fatto salvo l’antico bosco
a ridosso del Gianicolo e due cedri del Libano. Anche riguardo
la sistemazione dei viali, la costruzione di locali, di serre
e di fognature adeguate, fu necessario tutto l’impegno e la
volontà del Direttore affinché il progetto avesse successo.
Nella scelta della dislocazione delle piante si scelse di coniugare
l’accorpamento sistematico ad un criterio sia ecologico, tale
da porre gli alberi nel modo migliore per poter prosperare,
che estetico, in modo di avvicinare il giardino alla vita vegetale
spontanea dell’ambiente romano. Suscita meraviglia la collezione
di palme, oggi più che centenarie, che volle impiantare l’insigne
botanico e che, tuttora, adorna il grande viale. A lui si deve
anche, oltre tutto il resto, la costruzione della grande serra
storica.
Una battaglia che condusse il Pirotta, durante tutti gli anni
in cui ne rimase alla direzione, fu quella di rivendicare pubblicamente
e senza ombra di dubbio l’esistenza dell’Orto Botanico, ed inoltre
di far conoscere e puntualizzarne l’esatta collocazione, giacché
non era chiaro, nella coscienza popolare, quale esattamente
fosse l’ubicazione di questa istituzione. Equivoco, che persisterà
anche in anni successivi al Pirotta, così radicato, probabilmente,
a causa dei diversi cambiamenti di sede avvenuti nel corso degli
anni ed anche per la diatriba, a cui si accenna in precedenza,
riguardo il "falso" Orto Botanico del Celio.
Durante il periodo bellico, come molti altri edifici e giardini
di Roma, L’Orto Botanico a Villa Corsini subì alcuni danneggiamenti
a cui fece seguito un periodo di parziale abbandono. Fortunatamente,
grazie ai fondi concessi dall’Università di Roma e dal Provveditorato
alle Opere Pubbliche del Lazio, si è potuto procedere alle opere
di ripristino e restauro delle strutture, tra le quali l’aranciera
che si trovava in grande deterioramento. Del buon esito di questo
restauro si ha notizia in merito alla prevista istituzione annuale,
iniziata nel 1959, di una mostra di fiori, piante e quadri ospitata
proprio all’interno di questa aranciera: l’avvenimento metteva
in evidenza la buona salute dell’Orto Botanico ed anche suo
coinvolgimento nello scenario socio-culturale della città.
L’opera e la tenacia del Pirotta nel "creare", in
questo luogo, il moderno Orto Botanico di Roma, nel corso del
tempo si sono, quindi, rivelate utili e proficue. Nel panorama
delle bellezze che si possono godere e fruire nella capitale,
l’Orto Botanico è oggi molto conosciuto, apprezzato e meta di
innumerevoli visite guidate da parte di studenti, stranieri
e semplici cittadini. Oltre che ad avere funzioni didattiche,
ambientali e di ricerca, è sede di conferenze, mostre e simposi.
Ancora è presente, al suo interno, il giardino dei semplici,
pronipote di quell’antenato dal quale ebbe origine l’avventura
della conoscenza e dello studio della botanica. Ancora sono
presenti le grandi serre per la cura delle piante succulente
e tropicali, compresa la vecchia serra, la cui struttura era
già insita al momento dell’acquisto del giardino da parte dell’Amministrazione,
dove sono ancora conservate le due vasche ovali asportate dalla
ex sala da bagno della Regina Cristina di Svezia. Ancora sono
presenti le palme e grandi piante monumentali, oggi più che
mai rigogliose e superbe, volute dal Pirotta.
Tutto ciò oggi risulta naturalmente ampliato ed arricchito da
tutte le altre strutture e migliorie apportate e stratificatesi
corso degli anni.
Alla fine di questo "excursus" storico sulle vicende
che hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo dell’Orto
Botanico a Roma, si può rilevare che, tranne la breve parentesi
di via Panisperna, dove, peraltro, l’impianto avvenuto può essere
considerato principalmente in relazione alla costituzione dell’erbario
nell’ambito dell’Istituto Botanico, le sedi prescelte sono sempre
state quelle situate sulla sponda destra del Tevere, fra il
Vaticano e il Gianicolo.
E’ singolare notare che, ancora oggi, il cancello posteriore
dell’attuale Orto Botanico di Villa Corsini, si trova proprio
di fronte al Fontanone dell’Acqua Paola, alle spalle della quale
quei frati minori praticanti semplicisti, alla metà del seicento,
avevano iniziato a tenere lezioni ed esercitazioni pratiche
di botanica, all’indomani dell’abbandono dei giardini vaticani.
Anche le prerogative "bucoliche" e campestri di questo
versante della città, rispetto all’area al di qua del fiume,
più densamente popolata ed inurbata, probabilmente sono state
la causa del reiterare delle scelte di insediamento dell’Orto
Botanico proprio in questa zona.
Si può dedurre, pertanto, che la lontana scelta di Papa Innocenzo
IV di allontanarsi dal Laterano riguardo le coltivazioni, gli
orti ed i giardini si è rivelata, nel tempo, la più consona
ed adatta, nonostante che le ingerenze e le competenze sull’Orto
Botanico siano mutate nel corso degli anni.
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FONDI D’ARCHIVIO* CONSULTATI
* (Archivio Storico Capitolino)
RIPARTIZIONE X "ANTICHITA’ E BELLE ARTI"
(1920-1953)
TITOLO 55 "PASSEGGIATE E VIVAIO DELLE PIANTE"
(1871-1922)
UFFICIO V LAVORI PUBBLICI "PIANO REGOLATORE"
DELIBERE DI CONSIGLIO COMUNALE
FONDO SEGRETARIATO GENERALE "CONTRATTI"
FONDO "GABINETTO DEL SINDACO"
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BIBLIOGRAFIA
CONSULTATA*
* (Biblioteca ed Emeroteca
Romana)
PIETRANGELI, C.
Guide Rionali: Rione XIX Celio, 1983 - CAP SS E 30 (1)
GIGLI. L. Guide Rionali: Rione
XIII Trastevere, 1977 - CAP SS E 24 (1)
VOLPICELLI, L. Via Corsini, 12.
Estratto da "Strenna dei Romanisti" pag.511 - 526, 1981
- CAP 27431
RIVERA, V. L'Orto Botanico di Roma.
Estratto da "Gli Orti Botanici Italiani" pag. 149-150,
1963 - CAP 26808 (10)
COGGIATTI, S. Orto Botanico di
Roma: Vicissitudini di un Nome e di un'Istituzione. Estratto da
"Strenna dei Romanisti" pag. 96-113, 1971 - CAP 27431
PIROTTA, L. Nuovo Contributo alla
Storia del R. Giardino Botanico di Roma. Estratto da "Capitolium"
pag. 377-384, 1941 - CAP 15317-15327 (1 - )
CATALANO, M.; PELLEGRINI, E. L'Orto
Botanico di Roma, 1975 - CAP STRAGR. 749
CECCARIUS Rivelazione di una Villa
Romana "L'Orto Botanico". Estratto da "Capitolium"
pag. 491- 500, 1939 - CAP 15317-15327 (1 - )
PIROTTA, L. Il Regio Orto Botanico
di Roma. Estratto da "Annali di Botanica" vol. XXII
fasc. 2, pag. 1-16, 1941 - CAP 17718 (2)
LE SCIENZE E LE ARTI SOTTO PIO
IX voll. I e II - CAP STRAGR. 189
SACCHI LODISPOTO, G. L'Orto Botanico
nei Giardini Salviati alla Lungara. Estratto da "Strenna
dei Romanisti" pag. 437-452, 1983 - CAP 27431
MONTENOVESI, O. San Lorenzo in
Panisperna. Estratto da "Miscellanea Francescana" vol.
XXXIX fasc. IV, pag 657-673, 1939 - CAP 16230 (17)
Memorie Storiche della Chiesa e
il Monastero di S. Lorenzo in Panisperna, 1893 - CAP 23231
(5)
GIORNALE DI ROMA 9-12-1867, pag.
1145, 1867 - CAP QUO.21/33
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LISTA IMMAGINI INSERITE
DAL VATICANO …
-
L'ORTO BOTANICO
DI ROMA, pag. 5 - Iscrizione del Palazzo Conservatori
-
L'ORTO BOTANICO
DI ROMA, pag. XII - Pianta con Palazzo del Belvedere e Giardino
Pontificio
…ALL’UNIVERSITA’
LA
CITTA’ DI ROMA E IL "FALSO ORTO BOTANICO AL CELIO
- GABINETTO DEL SINDACO tit. 93 prot. 4713,
1929 - Carteggio fra Pietro Romualdo Pirotta e il Principe
Boncompagni Ludovisi riguardo il falso nome "Orto Botanico"
attribuito all'area dell'Antiquarium al Celio
- RIPARTIZIONE X b. 270 fasc.10 sottofasc.
C, 1949 - Prospetto dell'Antiquarium nell'area denominata "Orto
Botanico" al Celio
- TITOLO 55 b. 11 fasc. 1 sottfasc. 1,
1882 - Concorso dal tenersi nella località "detta"
Orto Botanico
- TITOLO 55 b. 11 fasc. 1 sottfasc. 17,
1881 - Spostamento di siepe all'Orto Botanico di Via Panisperna
- TITOLO 55 b. 15 fasc. 6 sottfasc. 7,
1895 - Palestra in località "detta" Orto Botanico
L’ORTO BOTANICO
A PALAZZO SALVIATI ALLA LUNGARA
- TITOLO 55 b. 9 fasc. 1 sottfasc. 5, 1876
- Invio di semi da Orto Botanico di Madrid
- LE SCIENZE E LE ARTI SOTTO PIO IX vol.
II fasc. 81 - Disegno ingresso Orto Botanico di Palazzo Salviati
alla Lungara
- TITOLO 55 b. 7 fasc. 1 sottfasc. 31,
1871 - Progetto ampliamento Orto Botanico a Villa Salviati
LA
"SALA DEL CETACEO" ALL’ORTO BOTANICO DI VILLA SALVIATI
DOPO
L’UNITA’: L’ORTO BOTANICO A VIA PANISPERNA
- PIANO REGOLATORE pos. 21 fasc. 33/A,
1875 - Carteggio fra il Ministero della Istruzione Pubblica
e il Comune di Roma sul trasferimento dell'Orto Botanico a via
Panisperna
- PIANO REGOLATORE pos. 5 fasc. 10, 1883
- Progetto non realizzato per trasferimento dell'Orto Botanico
alle Sette Sale nel 1883
- TITOLO 55 b. 13 fasc. 1 sottfasc. 18,
1887 - Convenzione per l'Istituto Botanico in Via Panisperna
- PIANO REGOLATORE pos. 5 fasc. 2P1, 1890
- Ricostruzione della grande serra a Villa Corsini
L’ORTO
BOTANICO A VILLA CORSINI
-
DELIBERA C.C. del 26
aprile 1883 -Acquisto di Villa Corsini
-
CONTRATTO del 19 maggio
1883 - Acquisto di Villa Corsini
-
DELIBERA C.C. del 5
marzo 1900 - Rettifica delle aree di Villa Corsini spettanti
al Comune di Roma e al Demanio
-
PIANO REGOLATORE pos.
5 fasc. 2S, 1900 - Confine delle aree di Villa Corsini fra
il Comune di Roma e Demanio
-
PIANO REGOLATORE pos.
5 fasc. 2X, 1900 - Cancellata e muro per delimitare il confine
fra l'Orto Botanico e la Passeggiata al Gianicolo
-
CARTELLA 48, tav. II,
1872 - Facciata del Palazzo Corsini in Roma
-
PIANO REGOLATORE pos.
5 fasc. 2, 1884 - Carteggio fra il Ministero della Pubblica
Istruzione e il Comune di Roma sul progetto di ristrutturazione
dei giardini di Villa Corsini ed elenco del materiale preesistente
in loco
-
CARTELLA 48, tav. IX,
1872 - Giardino Parco e Casino dell'Eccma Casa Corsini
-
CARTELLA 48, tav. XII,
1872 - Nuovo Progetto del Casino e Terreni sul Monte Gianicolo
-
CARTELLA 48, tav. XIII,
1872 - Veduta del Gianicolo e Palazzo dalla Parte dei Giardini
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