La guerra in trincea
La guerra è combattuta soprattutto nelle trincee, lunghi corridoi scavati nel terreno e difesi da filo spinato e mitragliatrici. I soldati vi trascorrono interminabili giornate, nell’estenuante attesa dell’ordine di attacco, che spesso vuol dire andare allo scoperto, facile bersaglio delle artiglierie nemiche, incontro a morte sicura. La vita in trincea è monotona e rischiosa al tempo stesso, logora i combattenti nel morale oltre che nel fisico e li getta in uno stato di apatia e di torpore mentali. Soldati e ufficiali restano in prima linea senza ricevere il cambio anche per intere settimane, in precarie condizioni igieniche, senza potersi lavare né cambiare, esposti al caldo, al freddo e alle intemperie, oltre che ai periodici bombardamenti dell’artiglieria avversaria. L’ordine di attacco arriva all’alba ed è preceduto da un intenso tiro di artiglieria, che in teoria dovrebbe scompaginare le difese avversarie, ma in pratica elimina ogni effetto di sorpresa. I soldati scattano simultaneamente fuori dalle trincee, quelli che riescono a superare il fuoco di sbarramento avversario finiscono con l’accalcarsi nei pochi varchi aperti dall’artiglieria nei reticolati, facilitando il compito dei tiratori nemici. Se tuttavia riescono a raggiungere le trincee di prima linea, subiscono il contrattacco dei reparti di seconda linea e delle riserve, e sono in genere ricacciati sulle posizioni di partenza. Le immagini della morte nel fango, tra la neve, le pietraie dell’altipiano, nei crateri delle bombe e sul filo spinato - il massacro di migliaia di fanti e di alpini nella guerra di trincea - non fanno parte della documentazione ufficiale della grande guerra degli italiani. Della trincea le foto pubblicate sui giornali registrano solo i momenti ritenuti gradevoli: la tregua, il riposo, la compagnia dei commilitoni, la posa per l’obiettivo, armi in pugno, pronti all’attacco contro il nemico.

L’economia di guerra
Con il prolungarsi della guerra vengono a mancare i generi di prima necessità, anche a causa del blocco navale e della guerra sottomarina che impedisce l’afflusso in Europa dei prodotti provenienti dagli altri continenti, mentre i prezzi aumentano in modo inarrestabile. In Italia, paese povero di materie prime, con un’agricoltura arretrata e scarso sviluppo industriale, l’economia di guerra peserà soprattutto sulle già precarie condizioni di vita delle classi popolari, comprimendone maggiormente i consumi. La mancanza di cibo e di generi di prima necessità è affrontata con il “razionamento” da parte dello Stato, che imponendo alla produzione agricola un regime di requisizioni, contingentamenti e prezzi controllati, assume la direzione dell’organizzazione annonaria nazionale. Dopo l’imposizione del calmiere sui prezzi di generi come il pane, la carne, i latticini, dal dicembre 1917 è applicata la “tessera annonaria”. L’organizzazione pubblica provvede all’approvvigionamento e alla distribuzione dei generi alimentari in base ai criteri di razionamento pro capite stabiliti ufficialmente. Ma i generi scarseggiano nei grandi conglomerati urbani del Regno e dilaga il “mercato nero”, l’illegalità diffusa nel commercio che arricchisce bagarini e accaparratori ed impoverisce la maggioranza della popolazione che subisce. Con l’amaro sorriso della satira sui giornali si stigmatizza ed addita al disprezzo dell’opinione pubblica sempre più spesso - oltre al “disfattista” e all’“imboscato” - il “profittatore di guerra”, lo speculatore che si arricchisce in modo disonesto col commercio. Di questa categoria stereotipa di “nemici interni” fanno parte i fabbricanti e i fornitori che, nella penuria di materie prime, si arrangiano a produrre, con surrogati e materiali scadenti, merci care e di pessima qualità.

Fuoco e mitragliatrice (trad.) es. Duo di Piadena Cd ICBSA-Archivio Folkstudio (2003) – ICBSA 1C 19759/60