IL GIORNALE D’ITALIA


FONDATO NEL 1901, I MAGGIORI ISPIRATORI E SOSTENITORI DEL NUOVO QUOTIDIANO SONO SIDNEY SONNINO E ANTONIO SALANDRA. SU POSIZIONI MONARCHICO-COSTITUZIONALI, CON UN PROGRAMMA LIBERALE CONSERVATORE ATTIRA L’ATTENZIONE DEL PUBBLICO PER L’ABBONDANZA DELLE NOTIZIE ATTINTE DI PRIMA MANO DAGLI AMBIENTI GOVERNATIVI, LA RICCHEZZA DI INFORMAZIONI CONCERNENTI ANCHE L’ITALIA CENTRO-MERIDIONALE DOVE LA TESTATA HA LARGA DIFFUSIONE - CON NUMEROSE EDIZIONI LOCALI - E PER LA “TERZA PAGINA” CULTURALE, INNOVAZIONE DI GRANDE SUCCESSO, CHE SARÀ IMITATA DA QUASI TUTTI I GRANDI QUOTIDIANI. ANTISOCIALISTA E ANTIGIOLITTIANO, È SEMPRE ALL’OPPOSIZIONE TRANNE CHE NEI BREVI PERIODI DEI GOVERNI SONNINO E SALANDRA, DURANTE GLI ANNI DELLA GUERRA LIBICA E DI QUELLA MONDIALE. NETTAMENTE TRIPLICISTA, QUANDO SCOPPIA IL CONFLITTO AUSTRO-SERBO GLI ARTICOLI RIGUARDANTI L’INTERPRETAZIONE DELLA TRIPLICE ALLEANZA SI SUSSEGUONO FITTI SUL GIORNALE, CHE PLAUDE LA DICHIARAZIONE DI NEUTRALITÀ FATTA DALL’ITALIA IL 2 AGOSTO 1914, SOTTOLINEANDO I VANTAGGI CHE NE DERIVANO AL FINE DI UNA MIGLIORE PREPARAZIONE MILITARE E MORALE. POI SI DELINEA NETTA LA TENDENZA INTERVENTISTA A SOSTEGNO DEL MINISTERO SALANDRA-SONNINO, CON FIAMMATE DI SIMPATIA PER IL NAZIONALISMO INTERVENTISTA E PESANTI ATTACCHI AL NEUTRALISMO SOSTENUTO DA GIOLITTI. DURANTE IL CORSO DELLA GUERRA IL GIORNALE D’ITALIA È VOCE EFFICACE DI PATRIOTTISMO, ALIMENTATO SEMPRE DA CONSIDERAZIONI SULLA NECESSITÀ DELLA GUERRA CONTRO GLI IMPERI CENTRALI. IL RICHIAMO A RACCOLTA DEL PAESE DOPO LA DISFATTA DI CAPORETTO SARÀ FERMO, RINCUORANDO GLI ANIMI ALLA RESISTENZA, MOSTRANDO CERTO IL RISCATTO, ANCHE CON ARTICOLI SULLE QUESTIONI DEL MOMENTO E SULL’ORGANIZZAZIONE DEI VARI SETTORI ECONOMICI PER SOSTENERE IL FRONTE INTERNO.

L’inviato speciale al fronte
Fin dal 24 maggio 1915, giorno d’inizio delle ostilità, il Comando militare supremo attiva un Ufficio Stampa, con sezioni distaccate in tutte le città italiane. L’accesso dei giornalisti al fronte è sostanzialmente vietato, tranne qualche eccezione, dal comandante supremo generale Cadorna che non ama i cronisti e consente loro possibilità di movimento minime. I principali giornali mettono in campo i loro inviati, nomi celebri come Luigi Barzini del “Corriere della Sera”, Gino Piva del “Resto del Carlino”, Rino Alessi del “Secolo”, Achille Benedetti de “Il Giornale d’Italia”, ma a parte casi isolati i loro articoli rimangono ben dentro gli argini della fedeltà patriottica, senza sollevare alcun dubbio o critica sulla conduzione delle operazioni e sulla gestione della logistica. Col passare dei mesi si delinea una lunga, logorante guerra di trincea, il ‘fronte interno’ rischia di cedere e i giornalisti sono chiamati a collaborare all’opera di propaganda per rinsaldarlo. Le restrizioni nei loro confronti si attenuano: in cambio essi produco un racconto della guerra edulcorato e funzionale all’organizzazione del consenso. Le battaglie sono ‘spettacoli fantasmagorici’, animati dagli atti di eroismo personale. E’ taciuto invece l’orrore delle trincee, la devastante e insensata violenza degli assalti. Gli errori, le incompetenze, le disfunzioni dei comandi militari rimangono intenzionalmente nascosti. Lo stile rimarrà prevalentemente retorico ed elaborato, anziché diretto e referenziale, anche se dopo la disfatta di Caporetto e la sostituzione di Cadorna con Diaz, il nuovo capo di stato maggiore disporrà che i dispacci inviati per telegrafo dai giornalisti dalle zone del fronte non possano superare le 500 parole: questo li renderà di colpo più asciutti e concreti.

La canzone del Grappa (Meneghetti) es. Coro dei Pescatori del Garda, Dir. Preite - 78g PARLOPHON, C 8229 (1930ca) – ICBSA doc.digit. n. 63319