Roma, 20 Settembre 1914: cronaca di un giorno di festa
A Roma la ricorrenza del 20 settembre 1870, anniversario della “Breccia di Porta Pia”, quando la città pontificia è stata presa dai bersaglieri del generale Cadorna ed unita allo stato italiano, è celebrata ogni anno in modo solenne. La data ha grande valore simbolico per le forze laiche, anticlericali e massoniche, ed unisce destra liberale e sinistra repubblicana, radicale e democratica nella comune esaltazione dei valori di fondazione dello stato nazionale. Rappresentanze della destra nazionalista e della sinistra interventista animano il corteo che nel caldo pomeriggio di sole del 20 settembre 1914 si snoda da piazza SS. Apostoli per raggiungere la colonna eretta a Porta Pia a memoria dello storico evento. La cronaca della giornata sul quotidiano cittadino “Il Messaggero” ci da notizia di un corteo riecheggiante di grida patriottiche e irredentiste. “Riprendemmo Roma al papa, riprenderemo Trieste all’imperatore!”, “Evviva Trento e Trieste italiane!” grida la folla che trasforma la cerimonia in una manifestazione pro Intesa.

Neutralismo e interventismo democratico
Allo scoppio della guerra, la prudente dichiarazione di neutralità dell’Italia fatta dal governo Salandra il 2 agosto 1914 sembra interpretare gli orientamenti sia del Parlamento che del Paese. Ben presto però si sviluppa un serrato dibattito tra i neutralisti che ritengono più vantaggioso per l’Italia restare fuori dal conflitto e gli interventisti che auspicano l’ingresso in guerra, secondo motivazioni divergenti. Sono neutralisti i socialisti in nome della tradizione pacifista, internazionalista e antimilitarista del movimento operaio, propagandando le loro idee sul quotidiano del partito “Avanti!”. E’ pacifista per principio il mondo cattolico - cui da voce a Roma il “Corriere d’Italia” - sostenuto da Benedetto XV e dall’organo della Curia, ”L’Osservatore Romano”. Neutralista è la maggioranza del Parlamento e Giovanni Giolitti, la cui posizione è condivisa da giornali come “Il Popolo Romano”: Giolitti ritiene che l’Italia è impreparata alla guerra e può ottenere dalla trattativa con gli imperi centrali i territori rivendicati all’Austria in cambio della neutralità. Interventisti si dichiarano repubblicani, socialriformisti, liberali conservatori, nazionalisti e sindacalisti rivoluzionari attraverso giornali come “L’Idea Democratica”, “Il Giornale d’Italia”, “L’Idea Nazinale” e dal 15 novembre 1914 “Il Popolo d’Italia” fondato a Milano dal direttore dimissionario del quotidiano socialista “Avanti!”, Benito Mussolini, che dall’11 ottobre 1917 esce anche in edizione romana. L’’atteggiamento favorevole alla guerra dei repubblicani custodi della tradizione garibaldina e di esponenti del socialismo riformista come Leonida Bissolati, Ivanoe Bonomi, Gaetano Salvemini cui si unisce il socialista trentino Cesare Battisti, si nutre di ideali democratici e delle ragioni dell’irredentismo delle popolazioni italiane ancora soggette all’Austria. Questa corrente, che si definisce ‘interventismo democratico’, propugna la guerra democratica a fianco delle libere democrazie inglese e francese aggredite dall’imperialismo militarista degli imperi centrali. Essa si riallaccia idealmente alle lotte del Risorgimento, vedendo nel conflitto la possibilità del suo compimento, con il riscatto delle terre italiane irredente di Trento e Trieste. Il principio della guerra democratica, per l’affermazione della libertà dei popoli e il riscatto delle nazionalità oppresse si scontra però con la constatazione realistica che tutte le potenze belligeranti sono scese in campo non per difendere ideali ottocenteschi, ma per formidabili questioni di interesse economico e strategico.

Inno di Garibaldi (L.Mercantini-A.Olivieri) es. E. Caruso - 78g GRAMMOFONO, DA 116 (1918) – ICBSA doc.digit. n.40771