Nelle Accademie – liberi consessi di letterati ed eruditi che
fin dal Rinascimento animarono la vita culturale e civile delle città
italiane - a Roma per tradizione si coltivavano soprattutto gli studi
storico-antiquari e le esercitazioni poetico-letterarie.
Un patrizio umbro-romano, Federico
Cesi, appassionato studioso di scienze naturali, e soprattutto
di botanica, per promuovere e coltivare gli studi naturalistici, fondò
a Roma nel 1603 un sodalizio con tre giovani amici, l'olandese Giovanni
Heckius (italianizzato in "Ecchio"), e gli umbri Francesco
Stelluti e Anastasio de Filiis. Chiamarono la loro compagnia Accademia
dei Lincei, per l'eccezionale acutezza di sguardo attribuita alla
lince, presa a simbolo della dotta compagnia di studiosi, e che è
propria del sagace studioso. Oggetto dello studio accademico, nel
disegno del Cesi, erano tutte le scienze della natura, da indagarsi
con libera osservazione sperimentale, al di là da ogni vincolo di
tradizione e autorità. È questa la gran novità che caratterizza fin
dal loro nascere i Lincei, tra la folla di Accademie di cui fu ricca
la società italiana del Cinquecento e Seicento: l'interesse portato
essenzialmente sulle scienze della natura e un atteggiamento di rispetto
ma non di vincolo nei confronti della precedente tradizione aristotelico-tolemaica,
che la nuova scienza sperimentale rimetteva talora in discussione.
Ciò apparve chiaro fin dagli inizi della vita della nuova Accademia,
che contò dal 1611 tra i suoi soci il gran nome di Galileo. Affiliato
al sodalizio, il fondatore della moderna scienza sperimentale, fu
costretto a fare atto di abiura a Roma nel 1633 delle teorie copernicane
confermate dalle esperienze scientifiche che egli aveva condotte con
l’ausilio del cannocchiale. In seno all’Accademia
Galileo Galilei
pubblicò lo studio sulle Macchie solari (1613) e il
Saggiatore (1623) (doc.1).
Sempre in quei primi anni, e fuori della cerchia galileiana, l'Accademia
si estese secondo il generoso piano del Cesi a molti altri dotti italiani
e stranieri, come il napoletano Della Porta e il tedesco Faber (Schmidt),
cancelliere dell'Accademia. A questo più antico nucleo linceo, la
cui collegiale attività è registrata negli atti del Lynceographum,
risalgono altre importanti pubblicazioni e ricerche di astronomia,
fisica, botanica, oltre a quelle già citate del Galilei, come il
cosiddetto Tesoro Messicano sulla flora, fauna e farmacopea
del Nuovo Mondo, la cui laboriosissima vicenda di redazione e di stampa
si protrasse per più decenni, fino al 1651.
A questa data, circa mezzo secolo dopo la fondazione dell'Accademia,
la prima e più illustre fase della sua lunga vita era già conclusa.
La intensa attività del fondatore, il Cesi, fu bruscamente interrotta
dalla morte, che lo colse ad appena 45 anni nel 1630.
Alla morte prematura di Federico Cesi, la sua creatura prediletta,
l'Accademia, sbandò e si isterilì, nonostante gli sforzi generosi
di dotti quali lo Stelluti e Cassiano dal Pozzo per salvarne il materiale
e ideale patrimonio nell'avversa fortuna.
Rimase il nome insigne e la memoria di questo illustre sodalizio romano.
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Fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento il moto di idee
illuministico penetra anche nell’ambiente delle accademie romane,
ove cresce l’interesse per la cultura scientifica. Si sviluppano circoli,
scuole, accademie ad indirizzo scientifico ed anche nella letteraria
Accademia dell’Arcadia (doc.2)
comincia ad apprezzarsi una consistente produzione di dissertazioni
scientifiche. La cultura filosofico-enciclopedica dell’illuminismo
moltiplica le iniziative di appassionati ed eruditi: per loro iniziativa
sorgono le specole per le osservazioni astronomiche, si diffondono
i musei anatomici per lo studio pratico della medicina, gli erbari,
le raccolte zoologiche e mineralogiche per le scienze naturali.
Nella discussione accademica si affacciano poi i temi sociali ed economico-politici
della cultura liberale dell’Ottocento, circa l’uso della scienza e
lo sviluppo delle applicazioni tecnico-pratiche delle scoperte ed
invenzioni degli scienziati, con lo scopo di migliorare le condizioni
di vita delle popolazioni. Ne è un esempio
l’ottocentesca Accademia Tiberina (doc.3),
che per statuto si prefiggeva lo studio dell’agricoltura, delle arti
e del commercio, in particolare nella regione romana.
Al nome e agli intenti della prima Accademia dei Lincei si rifarà
un gruppo di scienziati - alcuni ricercatori di chimica e fisica sperimentale
guidati dall’abate folignate
Feliciano Scarpellini, matematico e studioso di astronomia
- che fin dal 1795 si riunivano presso il Collegio Umbro-Fuccioli.
Alla loro attività diede impulso il matematico ed enciclopedista francese
Gaspard Monge, a Roma durante la Repubblica del 1798-1799. Divenuta
dunque un’istituzione dichiaratamente filofrancese, l’accademia fu
soppressa nel 1800 con la restaurazione pontificia. Nel 1801 tuttavia
Pio VII decise di ricostituire il sodalizio che aveva guadagnato prestigio
sotto i francesi, affidandone la segreteria allo Scarpellini ed aprendola
anche ai professori dell’Università Gregoriana, oltre che dell’Archiginnasio
Romano.
Dell’Accademia lo Scarpellini fu nominato segretario perpetuo, carica
che mantenne fino alla morte, avvenuta il 29 novembre 1840. Con lui
i maggiori animatori del sodalizio, costituito da venticinque accademici,
furono il professor Gioacchino Pessuti e Francesco Caetani. A quest’ultimo
l’abate folignate era legato fin dal 1775, quando il duca di Sermoneta
lo aveva chiamato a dirigere la specola fatta costruire sul suo palazzo
di via delle Botteghe Oscure: un osservatorio astronomico che fu importante
non solo per gli ottimi strumenti che possedeva e per gli studi astronomici
che vi si svolgevano, ma anche per gli studi meteorologici e sismologici.
Le posizioni politiche progressiste di molti accademici, come lo
stesso Pessuti, non facilitavano i rapporti con l’autorità, soprattutto
di polizia, rappresentata a Roma da Monsignor Governatore, che seppur
con blanda maniera chiedeva l’espulsione dall’Accademia degli elementi
liberali. Il ritorno, di lì a poco del regime francese, rappresentò
dunque per il consesso di scienziati e ricercatori un nuovo periodo
di libertà, sostenuta anche dall’appoggio materiale del governo napoleonico,
che assegnò all’Accademia una sovvenzione annua di 2500 franchi.
Quasi al termine del periodo napoleonico fu anche promulgato il “codice”
linceo, il “Linceografo, ossia le dodici Tavole delle prescrizioni
dell’Accademia dei Lincei” pubblicato nel 1813 per i tipi della
stamperia De Romanis. Il “linceografo”, secondo la denominazione mutuata
dalla tradizione cesiana, era diviso in due parti. La prima era composta
da sei “Tavole d’Istituzione” (“Dell’Istituto dell’Accademia”,
“Della qualità e numero dei membri”, “Del Comitato Accademico”, “Dei
lavori dell’Accademia”, “Delle corrispondenze estere”, “Degli onori
e dei premi”); la seconda da sei “Tavole di organizzazione”
(“Delle elezioni degli officj”, “Dell’amministrazione economica”,
“Dell’elenco delle pubbliche adunanze”, “Delle adunanze”, “Dei concorsi”,
“Della pubblicazione degli atti”).
Di particolare interesse, per comprendere lo spirito “illuminato”
e “razionale” che animava i nuovi Lincei, ricercatori e “divulgatori”
del verbo della scienza, è il dettato della Tavola I, “Dell’Istituto
dell’Accademia” del Linceografo. La visione ideale del “progresso
delle scienze” da essi propugnato, foriero di benessere sociale ed
emancipazione civile, che si proiettava anche - agli albori del Risorgimento
Italiano – a motivare il nascente sentimento di italianità e a fondare
l’aspirazione all’unificazione nazionale sulla condivisione di comuni
valori culturali, è così espressa in cinque punti:
I.
L’Accademia dei Lincei, ristabilita in Roma sulle traccie
dell’antica così nominata, istituita dall’immortale Federico
Cesi, si propone, come quella, il grande oggetto della propagazione,
e progresso delle scienze.
II. Gli studj
e le produzioni dei Lincei si raggirano sopra le scienze matematiche,
fisiche, naturali, e su tutte le arti che ne dipendono.
III. Le cognizioni,
che acquistano, sono comunicate alla studiosa gioventù per risvegliare
in essa il genio per le scienze, e prepararla al pubblico bene;
e i frutti che colgono dai loro studj sono consacrati a pro
di quelli, che possono ritrarne vantaggio nelle arti.
IV. L’Accademia
soddisfa alle richieste del governo sopra le materie analoghe
al suo istituto.
V. Il fine
primario dell’Accademia è il bene della società, e l’onore nazionale.
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Nonostante la collaborazione con i francesi – l’Accademia
ottemperò ad esempio nel 1811 al’incarico di predisporre quanto necessario
per l’introduzione del sistema metrico decimale nei territori italiani
divenuti dipartimenti dell’impero napoleonico - ai Lincei non venne
meno l’appoggio da parte del restaurato governo pontificio quando,
dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo, Pio VII nel 1814 tornò
a Roma. Ciò soprattutto per merito dello Scarpellini, instancabile
nella sua attività di organizzatore di attività di ricerca e divulgazione
delle scienze. Egli, come i Lincei scrissero in un atto di ringraziamento
indirizzatogli il 10 maggio 1814: “tutte sacrificò le risorse,
e perfino il lavoro delle sue mani per fornirla [l’Accademia]
di un gabinetto di macchine fisiche, di apparecchi chimici, e d’istromenti
astronomici, non inferiore forse ai più completi gabinetti d’Italia,
e ... finalmente di queste sue proprietà lasciò sempre libero l’uso
per l’Accademia, e pel servizio del pubblico”. Pio VII creò anzi
nel 1814 una cattedra di “fisica sacra” alla Sapienza per lo Scarpellini.
Papa Chiaramonti dava così corso a quel programma di apologetica cattolica
attraverso l’impiego delle conoscenze scientifiche che fu al centro
del progetto politico di restaurazione culturale della teocrazia pontificia
dopo il periodo napoleonico. Programma che ebbe a continuatore anche
Leone XII, pontefice conservatore, succeduto al soglio pontificio
nel 1823.
Papa Della Genga sferrò una vera e propria "guerra sacra"
contro ogni trasformazione politica e sociale. In questo quadro di
restaurazione rientra la riabilitazione della Compagnia di Gesù "nell'importante
ministerio dell'educazione della gioventù", mentre le università
degli Stati Pontifici, compresa la Sapienza, venivano sottoposte a
stretto controllo con la bolla Quod divina
sapientia (1824) (doc.4).
Nella sua riforma degli studi universitari Leone XII però diede grande
rilievo alla cultura scientifica, purchè concordasse con l’ortodossia
della Chiesa. In questo contesto va inserito dunque il trasferimento
dell’Accademia dei Lincei – già ospitata nel palazzo del duca Caetani
fino al 1807, quindi nel Collegio Umbro-Fuccioli – nella prestigiosa
sede del Palazzo Senatorio in Campidoglio, a partire dal 1826. L’allora
Senatore, principe Altieri, concesse tutto il secondo piano del palazzo
che fu appositamente restaurato con la somma di 3000 scudi. Nel palazzo
trovarono posto insieme all’Accademia il gabinetto di fisica allestito
dallo Scarpellini (doc.6)
e i suoi strumenti per le osservazioni astronomiche, affidandogli
nel 1827 Leone XII anche il compito di costruire e dirigere il nuovo
osservatorio astronomico, che papa Della Genga volle edificato sulla
torre di Nicolò V, nella facciata orientale
dell’edificio (doc.5).
Dopo il grigio e conservatore pontificato di Gregorio XVI, così diffidente
nei confronti del progresso delle scienze e della tecnica da vedervi
l’opera del demonio, l’avvento al soglio pontificio nel 1846 del progressista
Pio IX, salutato con entusiasmo e grandi speranze dalle forze liberali
e dalla società borghese, rappresentò un capovolgimento d’indirizzo.
Papa Mastai Ferretti voleva imprimere un impulso di modernizzazione
allo stato pontificio, aprendolo al progresso delle scienze e all’innovazione
tecnologica, per dare sviluppo ad una società povera ed arretrata:
fra i suoi primi atti di governo vi fu ad esempio l’ammodernamento
delle reti di comunicazione, con l’avvio della costruzione delle “strade
ferrate”. Egli diede perciò un forte sostegno agli studi scientifici.
Fra le sue provvidenze particolarmente significative furono quelle
in favore del potenziamento delle strutture per gli studi scientifici
nell’Università romana, la Sapienza. Qui, arricchito delle macchine
del gabinetto di fisica di Feliciano Scarpellini, che, come desiderato
dallo scienziato, alla sua morte erano state acquistate da Gregorio
XVI e trasferite dal Campidoglio
alla Sapienza (doc.7)
si inaugurò, il nuovo Museo di Fisica (doc.9).
Fu inoltre istituito il Gabinetto di Anatomia Umana, l'Istituto di
Chimica con annesso un laboratorio e potenziato il Museo di Mineralogia.
Pio IX rivolse le sue cure anche all’Accademia dei Lincei e all’Osservatorio
Astronomico in Campidoglio, ove Feliciano Scarpellini fino al 1840
aveva fatto lezione agli allievi dell’Archiginnasio Romano, perché,
come lui stesso scrisse: “specole son dappertutto ma non santuari
delle scienze ove s’insegni l’uso, il maneggio e le rettificazioni
delli stromenti”. Si trattava di circoli mobili, di una macchina
parallattica e di un quadrante murale, strumenti con i quali illustrava
ai suoi studenti il cielo e i fenomeni della luce. Dopo la morte dello
scienziato nel 1840, in realtà tanto l’accademia che la specola capitolina
attraversarono un periodo di difficoltà. Sebbene Ignazio Calandrelli,
nominato direttore supplente dell’osservatorio, nel 1843 progettasse
una ristrutturazione della specola, in modo che potesse ospitare nuove
strumentazioni scientifiche, fu ostacolato dal principe Domenico Orsini,
Senatore di Roma, che aveva ottenuto per sé l’appartamento dello Scarpellini
e non voleva piu concedere i locali né per l’Osservatorio né per l’Accademia
dei Lincei, tanto che nel 1845 Calandrelli preferì chiedere un trasferimento
nel celebre osservatorio dell’Università di Bologna.
Fu dunque Pio IX, appena salito al soglio pontificio, nel 1847 a restituire
all’Accademia dei Lincei la sua sede in Campidoglio e a Calandrelli
l’appartamento di Scarpellini, con il titolo di astronomo dell’Accademia
e con il compito di riorganizzare l’osservatorio universitario ed
arricchirlo di nuovi strumenti piu’ moderni: fu acquistato per esempio
il Circolo Meridiano di 94 mm. di apertura fabbricato
nella famosa officina degli Ertel di Monaco (doc.8a);
fu ampliata e abbellita con una cupola la sala maggiore che conteneva
il Circolo e il Quadrante murario; vennero aggiunte una Biblioteca
ed una sala per le osservazioni meteorologiche. Un
equatoriale di grandi dimensioni, fu donato dal marchese De Ferraioli
(doc.8b).
L’interesse di Pio IX per l’Accademia dei Lincei si manifestò anche
in un altro modo: volle consolidarne il carattere istituzionale, dando
riconoscimento ufficiale al valore degli intenti dei suoi animatori.
Le attribuì infatti la denominazione di “Pontificia
Accademia dei Lincei” e nuovi statuti nel 1847 (doc.10).
Designati direttamente dal pontefice, agli accademici che erano chiamati
a far parte della “nuova” pontificia accademia era affidato il compito
di promuovere il progresso delle scienze e delle loro applicazioni
tecniche, in armonia con l’azione del governo e le aspirazioni della
società civile. Secondo il nuovo assetto statutario l’Accademia, che
con l’assegnazione di una congrua dote diveniva un istituto governativo
a pieno titolo, era formata da cinque categorie di accademici: “Ordinari”
(trenta), “Emeriti” (dieci), “Corrispondenti” (quaranta,
dei quali non più di venti in Italia), “Onorari” (in numero
indeterminato) ed “Aggiunti” (anch’essi in numero indeterminato).
A capo dell’Accademia era posto un presidente – fu nominato il Duca
di Rignano – un segretario, un sottosegretario, un comitato accademico
formato da quattro membri ordinari, quattro censori, un tesoriere,
un bibliotecario e il direttore della specola astronomica completavano
l’ordinamento accademico.
Dopo le vicende rivoluzionarie del 1849, quando il Lincei furono nuovamente
costretti ad abbandonare il palazzo in Campidoglio – richiesto per
i lavori dell’Assemblea Costituente, nell’imminenza della presa della
città da parte degli assedianti francesi – l’Accademia, nell’ultimo
ventennio del restaurato dominio pontificio, trascorse anni di tranquilla
esistenza. Fu in questo periodo che, grazie anche alle cure del professor
Paolo Volpicelli, che ricoprì per un trentennio la carica di segretario
dell’Accademia, furono compilati e dati alle stampe i primi 23 volumi
della prima serie degli Atti accademici.
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L'ultimo e definitivo restauratore dell'Accademia dei Lincei fu Quintino
Sella, lo statista e scienziato piemontese, fra i maggiori
sostenitori nell’ultimo decennio del temporalismo pontificio dell’idea
di Roma italiana, rivendicata allo stato italiano come coronamento
ideale del moto per l’unificazione nazionale. Membro del governo al
dicastero delle finanze, egli fu propugnatore e organizzatore della
spedizione piemontese del 20 settembre 1870 e, dopo quella data,
indefesso organizzatore dello spostamento materiale della capitale
– con tutte le strutture amministrative e di governo - da Firenze
a Roma. Nei primi anni dopo l’Unità dunque, nella veste autorevole
di ministro delle finanze, lo statista piemontese orientò fattivamente
i programmi di sistemazione e sviluppo della città, secondo la sua
visione del ruolo che Roma avrebbe dovuto idealmente sostenere nella
nuova compagine nazionale. La capitale politica e amministrativa del
Regno, simbolo della coesione e dell’unità del nuovo stato - laico
e liberale - avrebbe dovuto configurarsi soprattutto come ideale
centro unificatore e propulsivo della cultura, della scienza e dell’arte
nazionali, attraverso le istituzioni di prestigio nazionale e internazionale
che in essa dovevano sorgere e prosperare.
Tra le iniziative concrete, dunque, per affermare il suo ideale di
scienza laica quale primario valore da affermare nella Roma italiana,
Quintino Sella fin dal 1874 si interessò alla gloriosa istituzione
- rinnovata nel nome di “Reale Accademia dei Lincei” - di cui assunse
la presidenza, realizzando il suo intento di dare ad essa nuova veste
e linfa, facendola assurgere ad istituzione di rilievo e prestigio
nazionale.
La larga e lungimirante visione del Sella volle ampliato l'ambito
delle scienze lincee. Con il nuovo statuto del 1875 si rinnovò l’organizzazione
accademica: alla classe delle scienze fisico-matematiche-naturalistiche,
cui si era dedicata l'accademia fin dal primo esordio seicentesco,
fu aggiunta una seconda classe di scienze "morali" o umanistiche
(storia, filologia, archeologia, filosofia, economia, diritto).
Quintino Sella si proponeva di “aprire davanti al Vaticano una
palestra, nella quale si agitassero le più alte quistioni in ogni
campo dello scibile umana”. E, convinto che gli Italiani non avrebbero
“corrisposto all’aspettazione del mondo civile, se in Roma l’Italia
avesse visto soltanto un miglior luogo per le amministrazioni centrali”,
nei suoi interventi pubblici – come lo “storico” Discorso… tenuto
il 30 marzo 1879 in seno all’Associazione Costituzionale delle Romagne
in Bologna - sosteneva con forza l’istanza che “anche Roma
abbia il suo palazzo dell’Accademia delle Scienze come lo hanno le
metropoli delle nazioni civili”.
Approvata finalmente la legge n. 209 del 14 maggio 1881 sul “concorso
governativo alle opere edilizie” di Roma – la prima legge per Roma
Capitale – fra le opere previste era incluso dunque anche il progetto
del “Palazzo delle Scienze”, che Quintino Sella si era incaricato
di illustrare in Parlamento. Trascorsero però due anni senza che fosse
individuato nel nuovo piano regolatore di cui la città doveva dotarsi
entro il 1883 il sito nel quale erigere l’edificio. Finché
non si decise di destinare all’Accademia dei Lincei il sontuoso palazzo
Corsini già Riario in via della Lungara (doc.11),
a tale scopo acquistata dallo Stato. L’idea dell’acquisto di palazzo
Corsini – che per la sua ubicazione in vista e prossimità del Vaticano,
ben avrebbe rappresentato “la civiltà moderna ed il suo progresso”
davanti ai palazzi dell’”oscurantismo” teocratico al di là del Tevere
– fu coltivata dallo stesso Sella (morto nel marzo 1884) e realizzata
grazie al sostegno del presidente del consiglio Agostino Depretis
e del ministro dell’istruzione pubblica, Guido Baccelli. Alla limitatezza
degli spazi destinati ai Lincei nella gloriosa sede storica, in
aedibus capitolinis - ora che il Campidoglio era divenuto
spazio vitale e centro pulsante delle ampliate attività del governo
locale, affidate al comune dallo stato liberale – si sostituiva una
sede di grande decoro e grandezza. Ad aumentare il prestigio dell’Accademia,
concorreva anche il legato del principe Tommaso Corsini che – come
stabilito nella convenzione stipulata con lo stato per la vendita
del palazzo – “volendo che un’opera gloriosa de’ miei antenati
sia degnamente conservata secondo i loro intendimenti, e desiderando
giovare ai buoni studi ed alle belle arti, e dare una solenne testimonianza
del mio affetto a Roma” faceva dono della propria biblioteca
ai Lincei, con l’obbligo di conservarla nel palazzo, per il pubblico
uso, col nome di “Corsiniana”.
Eseguiti dunque i lavori di restauro e adattamento
dell’edificio, progettati dall’architetto Giulio Podesti (doc.12)
l’11 giugno 1885 con la solenne seduta inaugurale nella nuova
sontuosa sede alla presenza dei sovrani, la “Reale Accademia Nazionale
dei Lincei” illustrava l’ideale grandezza
di Roma italiana, capitale della scienza e della cultura nazionale,
preconizzata da Quintino Sella (doc.13).
Dalla restaurazione dell’Accademia di cui fu artefice lo statista
piemontese, i Lincei con questa struttura rimasta nelle sue grandi
linee immutata hanno vissuto il secolo e oltre della loro moderna
reincarnazione, rappresentando il più antico e prestigioso consesso
della scienza europea e internazionale: da Righi e Pacinotti a Fermi,
da Pasteur a Rontgen e Einstein, da Mommsen e Wilamowitz a Comparetti
e Croce e Gentile, tutto l'Olimpo del pensiero scientifico italiano
e mondiale ha riempito il suo annuario e le sale della sua sede romana.
I Lincei di Cesi avevano rappresentato fin dalla loro nascita lo spirito
della libera indagine moderna, combinata "col divino amore"
(come si espresse il fondatore), cioè aperta a una schietta, non dogmatica
religiosità. I risorti Lincei di Quintino Sella furono figli del Risorgimento
Italiano, laico e liberale.
Ma le vicende dello Stato italiano, nel corso del Novecento, dovevano
trovare la loro eco anche in questa ideale sede della scienza.
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Il regime totalitario che per un ventennio dominò l’Italia non
poteva vedere di buon occhio quella indipendenza e quel liberalismo
linceo. Perciò nel 1939 l'Accademia fu "fusa", cioè assorbita
per legge del governo fascista con l'”Accademia d'Italia” da esso
istituita quale docile contraltare ai severi Lincei. Questa ultima
eclissi durò pochi anni, quanto durò la guerra e il regime.
Alla caduta del fascismo, uno dei primi provvedimenti dell'Italia
liberata fu, su suggerimento di Benedetto Croce, la soppressione dell'Accademia
d'Italia e la ricostituzione di quella di Federico Cesi e di Quintino
Sella, che la dittatura aveva voluto annientare. Ancora una volta,
come la mitica fenice, la lince risorgeva
dalle sue ceneri (doc. 14).
Oggi l’Accademia è suddivisa in due Classi (Scienze Fisiche, Matematiche
e Naturali e Scienze Morali, Storiche e Filologiche) a loro volta
suddivise in categorie. Ciascuna Classe annovera 90 soci Nazionali,
90 Corrispondenti, 90 Stranieri (sin dalla prima Accademia cesiana
fu proprio dei Lincei il carattere di interdisciplinarietà e di internazionalità
attraverso i continui contatti con gli studiosi degli altri paesi).
Per statuto ha lo scopo di promuovere, coordinare, integrare le conoscenze
scientifiche nelle loro più elevate espressioni, nel quadro dell'unità
e universalità della cultura. Per conseguire tali fini l'Accademia
tiene assemblee e adunanze delle Classi Riunite o delle singole Classi;
organizza congressi, conferenze, convegni e seminari nazionali ed
internazionali; partecipa con i propri Soci, ad analoghe manifestazioni
italiane e straniere; promuove e realizza attività e missioni di ricerca;
conferisce premi e borse di studio; pubblica i resoconti delle proprie
tornate e le note e memorie in esse presentate, nonchè gli atti dei
congressi, convegni e seminari e di altre iniziative da essa promosse.
Fornisce, su richiesta e anche di sua iniziativa, pareri ai pubblici
poteri nei campi di propria competenza; eventualmente formula proposte.
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del Campidoglio, in “Calendario del R. Osservatorio. Astronomico
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tenuto li 30 Marzo 1879 in seno all’Associazione Costituzionale delle
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Pisa, 1992
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della Fondazione Sella, Napoli, 2000
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doc. 1
|
ASC, Biblioteca Romana: 22873-2874
Galileo
Galilei, Opere... In questa nuoua editione insieme raccolte,
e di varij trattati dell'istesso autore non più stampati
accresciute... (voll. 2). In Bologna, per gli HH. Del Dozza,
1655 - 1656.
Nell'antiporta del vol. I, incisa da Stefano
Della Bella, è ritratto un anziano Galileo in atto di
indicare a tre figure allegoriche, probabilmente la Matematica,
l'Astronomia e l'Ottica, una rappresentazione del sistema copernicano
camuffato da stemma mediceo. L'edizione è dedicata a
Ferdinando II de' Medici. Nel II volume sono riportati anche
brani di lettere indirizzate a Galileo da vari personaggi della
comunità scientifica dell'epoca. Fra queste, tre missive
di Federico Cesi, inviate allo scienziato toscano da Roma fra
il 1612 e il 1613. Nella lettera del 14 ottobre 1612 il principe
annuncia l'intenzione dei lincei di dare alle stampe il trattato
di Galileo sulle macchie solari.
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doc. 2 |
ASC, Camera Capitolina: Cred. XVIII, T. 77, f. 557
14 febbraio
1825. Lettera del cardinale Bertazzoli, prefetto della Congregazione
degli Studi, ai Conservatori, affinché l'Accademia dell'Arcadia
possa tenere le sue solenni adunate in una sala del palazzo dei
Conservatori.
Fondata nel 1690 da alcuni scienziati, letterati e poeti, che
già solevano radunarsi nel palazzo romano di Cristina di
Svezia, l'Arcadia fu vera "Repubblica letteraria" italiana
fino alla metà del '700; visse poi nel corso dell'800 una
vita più stentata come accademia puramente romana. Leone
XII nel 1824 pose gli istituti accademici sotto l'autorità
dell'ecclesiastica "Congregazione degli Studi". Le Accademie
sarebbero state controllate con severità, affinché
con le loro attività "non si offenda né
direttamente, né indirettamente la Religione, il buon costume,
e l'ordine pubblico". La Magistratura Capitolina il 19
febbraio consentì lo svolgimento delle adunanze arcadiche
nel "salone decorato dai dipinti del Cavalier d'Arpino"
nel Palazzo dei Conservatori in Campidoglio.
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doc. 3 |
ASC, Biblioteca Romana: 25669[2]
“Leggi e regolamenti
dell’Accademia Tiberina”, Roma presso Lino Contedini, 1826.
Il circolo, fondato nel 1813, si
proponeva di “formare uno spirito pubblico atto a produrre un
miglioramento nell’agricoltura nel deserto Agro Romano”. Nell’”Albo
degli Accademici” fra i soci spicca Giuseppe Gioacchino Belli,
maggiore poeta in vernacolo romanesco dell’Ottocento, “fondatore”
dell’Accademia. Fra gli altri soci “residenti” - oltre all’abate
Antonio Coppi, storiografo dell’Accademia - c’è monsignor Nicolai,
che ha legato il proprio nome all’importante studio sulla campagna
e l’agricoltura romana, pubblicato nel 1803 col titolo “Memorie,
leggi ed osservazioni sulle campagne e sull’annona di Roma”.
Della componente “borghese” del circolo accademico fa parte l’avvocato
Pietro Sterbini, che prenderà parte attiva, con un ruolo politico
di primo piano, alle rivoluzionarie vicende della Repubblica romana
del 1849.
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doc. 4 |
ASC, Camera Capitolina: Cred. XVIII, T. 85
Regolamento
degli studi da osservarsi in Roma, e in tutto lo Stato Ecclesiastico
in virtù della bolla di Nostro Signore Leone Papa XII dei 28 agosto
1824 che incomincia: Quod Divina Sapientia etc., Roma, Stamp.
Rev. Camera Apostolica, 1824.
Con la costituzione Quod
Divina Sapientia Leone XII riformò il sistema scolastico dello
stato pontificio, cui fu data maggiore ampiezza, sottoponendolo
però al contempo al controllo dell’ecclesiastica “Congregazione
degli Studi”. Nell’ordinamento degli studi universitari fu dato
maggiore rilievo all’istruzione scientifica. Presso l’Archiginnasio
Romano, erano attivati cinque indirizzi di studio: Teologia, Giurisprudenza,
Medicina, Chirurgia, Filosofia. Quest’ultimo con corsi di scienze
matematiche e fisiche, di meccanica, idraulica, ottica e astronomia.
Al contempo si proibiva l’istituzione di alcuna nuova accademia
di scienze, lettere e arti senza il permesso della Congregazione
degli studi, cui i consessi accademici esistenti erano comunque
sottoposti per il controllo della liceità delle idee che in esse
circolavano.
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doc. 5 |
ASC, Camera Capitolina: Cred. XVIII, T. 78, fo. 683
6 giugno 1828.
Dispaccio del card. Camerlengo Galeffi ai Conservatori, con disposizioni
circa la costruzione di “uno studio pratico di Ottica e di Astronomia”
sulla torre di Campidoglio.
Il card. Galeffi
stigmatizza l’operato del capo-mastro muratore Clemente Lovatti
al quale, per la somma di 1.000 scudi, era stata affidata la costruzione
della specola che Leone XII voleva si edificasse in Campidoglio.
In particolare il cardinale, nel rinnovare i ringraziamenti per
la concessione fatta dai Conservatori di locali del Campidoglio
per accogliervi “la collezione delle molte macchine di scienze
fisiche e naturali” e l’abitazione del fisico e astronomo
Feliciano Scarpellini, nonché il suddetto “studio pratico di
ottica e astronomia”, fa notare la lentezza con cui procedono
i lavori e il rifiuto da parte del capo-mastro di eseguire la
già pattuita copertura con lastre di piombo.
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doc. 6 |
ASC, Camera Capitolina: Cred. XX, T. 10, fo. 495
21 giugno
1833. Biglietto del Tesoriere generale della Rev. Camera Apostolica
all’avv. Scaramucci, fiscale del Campidoglio sui lavori eseguiti
nella parte del Palazzo Senatorio occupato dall’Accademia dei
Lincei.
I lavori eseguiti
per la riparazione dei “danni causati dall’acqua della machina
idraulica che agisce presso l’Accademia” dal 1826 collocata
in Campidoglio, secondo la perizia eseguita dall’Ispettore delle
fabbriche camerali, l’architetto Valadier, ammonta a 72,88 scudi,
metà dei quali a carico dell’erario camerale, per l’altra metà
gravanti sull’amministrazione capitolina.
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doc. 7 |
ASC, Archivio Urbano: Sez. XXIX, vol. 101
12 settembre
1835. Testamento del fisico ed astronomo Feliciano Scarpellini
deceduto il 29 novembre 1840. Notaio Giovanni Battista Bellucci.
Lo scienziato,
nel testamento depositato nello studio del notaio Bellucci, appartenente
al Collegio dei notai capitolini, in piazza a’ Catinari n. 104,
cinque anni prima della morte, nomina eredi delle strumentazioni
scientifiche allestite nel Palazzo Senatorio in Campidoglio il
fratello Pietro e la figlia di questi, Caterina, allieva ed assistente
dello Scarpellini. Come lo Scarpellini aveva auspicato nel testamento
stilato cinque anni prima di morire, le sue “Macchine Fisiche,
Meccaniche, Astronomiche” furono acquistate da Gregorio XVI
e trasferite nel Museo di Fisica della Sapienza.
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doc. 8a |
ASC, Biblioteca Romana: Stragr. 757/I
Osservatorio astronomico dell’Archiginnasio
Romano sul Campidoglio. Circolo Meridiano di Ertel donato da Pio
IX. Tavola incisa in rame. Da: P. CACCHIATELLI G. CLETER, “Le
Scienze e le arti sotto il pontificato di Pio IX”, Roma, Tip.
Delle Belle Arti [1860 – 1869].
Il
telescopio collocato nel gennaio 1853 nella sala maggiore dell’osservatorio
dallo stesso suo artefice, Giorgio Ertel, coadiuvato dal meccanico
Giacomo Lusvergh, aveva un obiettivo mm. 94; con i due circoli
graduati annessi al suo asse, era sorretto da due grossi massi
di marmo di Carrara. Ignazio Calandrelli, direttore dell’Osservatorio,
sin dal 1854 si dedicò a stabilire la latitudine del Campidoglio,
che calcolò in 41° 53’ 34’’ 348’’’.
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doc. 8b |
ASC, Biblioteca Romana: Stragr. 757/I
Osservatorio
astronomico dellArchiginnasio Romano sul Campidoglio.
Equatoriale donato dal marchese Giuseppe Ferrajoli. Tavola incisa
in rame. Da: P. CACCHIATELLI G. CLETER, Le Scienze e le
arti sotto il pontificato di Pio IX, Roma, Tip. Delle
Belle Arti [1860-1869].
LEquatoriale
prodotto nelle officine Merz di Monaco fu collocato su di un piedistallo
di marmo di Carrara il 16 luglio 1860 nella camera mobile ideata
dallarchitetto Virginio Vespignani e collocata sul punto
più alto dellOsservatorio. Il 18 luglio fu usato
per la prima volta da Ignazio Calandrelli per losservazione
delleclisse solare.
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doc. 9 |
ASC,
Biblioteca Romana: Stragr. 757/I
Museo
di Fisica nell’Archiginnasio Romano. Tavola incisa in rame. Da:
P. CACCHIATELLI G. CLETER, “Le Scienze e le arti sotto il pontificato
di Pio IX”, Roma, Tip. Delle Belle Arti [1860 – 1869].
Il
“Teatro fisico” per lo svolgimento degli esperimenti di fisica
alla Sapienza fu allestito nel 1751 nel piano superiore dell’ala
del fabbricato prospiciente la chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli.
Pio IX ingrandì il museo di fisica della Sapienza, trasferendolo
in locali di nuova costruzione nel piano superiore dell’ala meridionale
dell’edificio. Qui fra gli altri strumenti si conservava la bilancia
di precisione costruita dallo Scarpellini nel 1810 per corrispondere
all’incarico ricevuto dall’amministrazione francese, per l’introduzione
del sistema metrico decimale nei Dipartimenti italiani dell’Impero.
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doc. 10 |
ASC, Biblioteca Romana: 12342
Statuti
per lAccademia Pontificia de Nuovi Lincei,
Roma nella Tipografia della Rev. Cam. Apost. Presso i Salviucci,
1847.
Designati direttamente
dal pontefice, gran parte degli accademici della riformata
istituzione lincea sono scelti da Pio IX fra i nomi più
rappresentativi della borghesia colta e progressista. Molti
accademici ordinari sono rappresentanti della
cultura scientifica universitaria: fra essi Ignazio Calandrelli,
professore di ottica ed astronomia allUniversità
di Roma, chiamato da Pio IX anche a dirigere lOsservatorio
Astronomico del Campidoglio. Del gruppo degli accademici emeriti
fa parte il napoleonide Carlo Bonaparte; botanico e naturalista
di chiara fama, egli avrà poi un ruolo politico di
primo piano negli avvenimenti rivoluzionari del 1848
1849: eletto alla Costituente Romana, sarà fra i deputati
che il 9 febbraio 1849 voterà la caduta del temporalismo
pontificio e listituzione della Repubblica.
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doc. 11 |
ASC,
Biblioteca Romana: Cartella 48, tavv 1,13
1872. Villa
Corsini in via della Lungara. Frontespizio e due vedute: la facciata,
i giardini e il palazzo dalla parte del Gianicolo. Disegni acquarellati
di Paolo Pollastri.
La raccolta, da
cui sono estratte le immagini (costituita in tutto di 13 tavole)
reca lintestazione Alla Eccellenza del Sig. Principe
D. Tommaso Corsini. Questi disegni, e queste piante, e livellazioni
del Palazzo, del giardino, del casino e de circostanti edificii
appartenenti allEcc.ma Casa Corsini in Roma da lui stesso
delineati, ed acquarellati in XIV tavole offre, e consacra Paolo
Pollastri. Il palazzo edificato dal card. Domenico Riario
nel sec. XV, che nel Seicento ospitò le riunioni dellaccademia
fondata da Cristina di Svezia da cui derivò lAccademia
dellArcadia, passato ai Corsini fu interamente ricostruito
da Ferdinando Fuga (1732 1736) con lampia facciata
rappresentata nellaccurato disegno del Pollastri.
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doc. 12
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ASC, Ufficio V - Piano Regolatore: Pos. 5 Opere governative,
fasc. 2
1883 - 1884.
Restauro ed adattamento del palazzo Corsini in via della Lungara
destinato a sede dellAccademia dei Lincei. Descrizione dei
lavori, capitolato e preventivo redatti dallarchitetto Giulio
Podesti, trasmessi dal Ministro della Pubblica Istruzione Guido
Baccelli (1 18 luglio 1883). Avviso dasta per lappalto
dei lavori (12 gennaio 1884).
La costruzione
di un nuovo palazzo per lAccademia dei Lincei era inclusa
fra le opere previste dalla legge 14 maggio 1881 sul concorso
dello Stato nelle opere edilizie di Roma Capitale. Nel 1883 si
abbandonò però il progetto: acquistata dallo Stato
la proprietà Corsini alla Lungara, ledificio storico
fu adattato a nuova prestigiosa sede dellAccademia, mentre
sul terreno della villa alle pendici del Gianicolo fu trasferito
LOrto Botanico.
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doc. 13 |
ASC, Emeroteca Romana: Per. 933/5
30 maggio 1886. lIllustrazione
Italiana., La nuova residenza dei Lincei e la seduta reale.
Il periodico illustrato dagli
accurati disegni di Dante Paolocci, ci offre una fresca cronaca
di come era apparso ai partecipanti alla seduta inaugurale,
svoltasi l11 giugno 1885 alla presenza dei sovrani, il
sontuoso Palazzo Corsini, nuova sede dellAccademia dei
Lincei. Ci è mostrata, oltre ad una veduta del prospetto
del palazzo una delle sale sistemata per ospitare la biblioteca
dellAccademia.
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doc. 14
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ASC, Biblioteca Romana: 18499[31]
Accademia Nazionale dei Lincei.
Elenchi dei soci al 1° dicembre 1945 (stampato).
I docenti e gli scienziati che
si rifiutarono, durante il regime, di prestare giuramento di
fedeltà al fascismo furono allontanati dagli incarichi
universitari e dagli organismi accademici. Nel 1945, negli elenchi
dei soci della rinata Accademia dei Lincei - epurati
ora i coreuti del regime - sono rappresentati nomi
come quelli del matematico Guido Castelnuovo e del fisico Ugo
Amaldi: con le leggi razziali del 1938 il regime aveva espulso
dalle strutture dello stato anche i docenti e ricercatori di
razza ebraica.
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