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Le applicazioni tecnologiche dell’elettricità si basano sull’utilizzo della corrente elettrica, ossia dell’elettricità in movimento nei conduttori. Dopo l’esperienza della pila elettrica, il generatore di corrente costruito da Alessandro Volta nel 1799, due osservazioni sui materiali conduttori sono alla base delle più importanti applicazioni dell’elettrotecnica. L’esperienza che la resistenza incontrata dall’elettricità passando nei conduttori genera calore è alla base dell’invenzione della lampada elettrica. Questa e l’osservazione che un campo magnetico in movimento genera una corrente elettrica in un conduttore, resero possibile l’utilizzo su vasta scala delle lampade elettriche, alimentate da un dispositivo di generazione meccanica della corrente, nell’illuminazione delle città e delle abitazioni. Ciò fu possibile, a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento grazie all’applicazione della dinamo, il generatore di corrente invenzione dell’italiano Antonio Pacinotti (1864) perfezionata dal belga Gramme nel 1870. Il primo modello di lampada elettrica fu “l’uovo” di Davy, che funzionava secondo il principio della lampada ad arco, essendo la luce prodotta da una scintilla continua, passante tra due punte ravvicinate di bastoncini di carbone artificiale (carbone di storta) collegati ad una sorgente di elettricità alla tensione di almeno 40 – 50 Volt. Con lampade ad arco furono illuminate nel 1875 la Gare du Nord a Parigi, nel 1878 il Gaiety Theatre di Londra. Tuttavia anche la lampada ad arco voltaico più piccola forniva un’illuminazione troppo intensa e non era adatta alle applicazioni domestiche, soprattutto perché questo tipo di lampada era estremamente costosa. La possibilità di più ampie applicazioni dell’illuminazione elettrica si ebbe soltanto con l’invenzione della lampada ad incandescenza, sviluppata da Thomas Alva Edison negli Stati Uniti e da Swan in Inghilterra. La lampada di Edison si basa su una legge fisica enunciata da Joule: il passaggio di corrente in un conduttore genera calore in quantità proporzionale al prodotto del quadrato della corrente stessa per la resistenza del conduttore. Quindi facendo passare una corrente sufficientemente elevata in un conduttore di notevole resistenza, in modo da farlo scaldare fino all’incandescenza, una parte dell’energia termica in cui si è trasformata l’energia elettrica, si traduce a sua volta in energia luminosa. La difficoltà pratica era quella di trovare un filamento in grado di raggiungere elevate temperature senza bruciarsi in breve tempo, sia pure entro un’ampolla in cui fossero state realizzate buone condizioni di vuoto: Edison utilizzò una strisciolina di bambù carbonizzato. Edison e Swan, fondendo nel 1883 le loro iniziative in un’unica società, diedero inizio allo sfruttamento industriale del loro brevetto: da quel momento la lampada ad incandescenza divenne un’invenzione il cui utilizzo era alla portata di tutti. I filamenti delle lampade si perfezionarono sempre più: dai filamenti in osmio si passò a quelli in tantalio e, nel primo decennio del Novecento, ai filamenti di tungsteno, tuttora in uso. |
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